Onorevoli Deputati! - 1. La legge 25 luglio 2005, n. 150, è una legge di delegazione la cui parte principale era destinata a realizzare i presupposti per l'emanazione di una nuova disciplina dell'ordinamento giudiziario mediante la redazione di un testo unico nel quale, una volta completata l'emanazione dei decreti legislativi da essa previsti, sarebbero stati riuniti i relativi testi, e tutte le altre disposizioni legislative relative alla materia che fossero a quel momento vigenti (articolo 2, commi 19-21). L'operazione avrebbe portato all'adozione di una nuova legge generale sull'ordinamento giudiziario che avrebbe dovuto sostituire il regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e le leggi che l'hanno successivamente modificato e integrato, in attuazione della VII disposizione transitoria della Costituzione (il cui primo comma stabilisce che «fino a quando non sia emanata la nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell'ordinamento vigente»).
      La legge n. 150 del 2005 ha trovato parziale attuazione mediante l'approvazione dei decreti delegati da parte del Governo. Essa ha avuto un iter molto tormentato, tanto che è stata promulgata dopo che il precedente testo legislativo, approvato il 1o dicembre 2004, era stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, il quale vi aveva ravvisato disposizioni in contrasto con la Costituzione; la normativa aveva inoltre suscitato

 

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reazioni di contrasto sia tra le forze politiche dell'opposizione dell'epoca, sia dell'intera magistratura associata, che vi vedevano il riferimento ad una disciplina di stampo burocratico caratterizzata da una tipica conformazione gerarchica dell'assetto della magistratura, condizionabile dall'esecutivo, quale era quella disegnata dall'ordinamento del 1941.
      Alcuni dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega prevista dalla legge citata sono stati quindi oggetto di integrazioni e modifiche già con la legge 24 ottobre 2006, n. 269, in particolare quello sul sistema disciplinare dei magistrati e quello relativo all'assetto dell'ufficio del pubblico ministero, mentre il decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, relativo alla nuova disciplina dell'accesso in magistratura e in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, poiché era caratterizzato da una struttura di difficile emendabilità, è stato oggetto del provvedimento di sospensione attuato con la medesima legge 24 ottobre 2006, n. 269, proprio in vista di un suo strutturale ripensamento.
      2. Con il disegno di legge in esame si opera un intervento di carattere complessivo, volto a modificare profondamente il decreto legislativo sospeso e a riformulare altresì alcuni degli altri decreti legislativi nonché altre disposizioni dell'ordinamento giudiziario proprio in ragione della necessità di valorizzare l'aspetto sistematico della normativa anche per l'insoddisfacente prospettiva di un semplice ritorno allo status quo ante.
      Per chiarire il senso di tutta la vicenda legislativa, che ha portato poi alla presentazione del presente disegno di legge, appare peraltro opportuno ripercorrere, seppur necessariamente in modo sommario, l'evoluzione normativa e giurisprudenziale della materia e gli orientamenti che si sono succeduti circa i princìpi cui la sua disciplina dovrebbe uniformarsi.
      Con riferimento agli aspetti relativi ai provvedimenti in materia di ordinamento giudiziario susseguitisi nel tempo e alle decisioni della giurisprudenza occorre innanzi tutto ricordare che l'«ordinamento vigente», menzionato nella VII disposizione transitoria della Costituzione, era quello che risultava dal regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (detto anche «decreto Grandi», dal nome del Ministro della giustizia dell'epoca), il quale aveva disciplinato in modo generale l'ordinamento giudiziario, proseguendo la tradizione instaurata con le precedenti normative del 1865 - regolamento di cui al regio decreto 14 dicembre 1865, n. 2641 - e del 1923 - testo unico delle disposizioni sull'ordinamento degli uffici giudiziari e del personale della magistratura di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2786 -. Dopo la caduta del regime fascista, alcune modificazioni ritenute urgenti erano state ad esso apportate, in attesa della più compiuta riforma che sarebbe stata impostata dall'Assemblea costituente che stava per essere eletta, soprattutto con il regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511 (avente come titolo «Guarentigie della magistratura»).
      Nei confronti del decreto Grandi, la VII disposizione transitoria della Costituzione esprimeva un esplicito giudizio di non conformità alla Costituzione e, per evitare che in attesa dell'emanazione della «nuova legge sull'ordinamento giudiziario» si determinasse un vuoto legislativo, stabiliva che nel frattempo continuassero ad essere osservate «le norme dell'ordinamento vigente», escludendo cioè che il regio decreto n. 12 del 1941 potesse essere ritenuto abrogato in toto per il semplice fatto della sua incompatibilità con i nuovi princìpi costituzionali.
      Negli anni successivi, in assenza della legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, vennero adottate leggi modificative o integrative del citato regio decreto n. 12 del 1941, che ne trasformarono in gran parte il contenuto normativo, oppure dettero attuazione in modo autonomo ai princìpi e alle regole contenuti nel titolo IV della Parte seconda della Costituzione, anche perché una serie di decisioni della Corte di cassazione, tra cui possono essere ricordate quelle delle sezioni unite, 17 novembre 1953, n. 3524, e 20 aprile 1960, n. 896, ma soprattutto le sentenze della
 

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Corte costituzionale 13 dicembre 1963, n. 156, 28 dicembre 1970, n. 194, e 3 giugno 1970, n. 80, contribuirono a modificare il diritto vigente e anche la giurisprudenza ordinaria e amministrativa relativa alla materia, ad esempio, sul giudice naturale, in materia di applicazione e di supplenze, sulla distinzione dei magistrati per funzioni e sull'organizzazione del lavoro giudiziario, adeguandosi progressivamente ai princìpi del nuovo ordinamento costituzionale. L'opera di modernizzazione dell'ordinamento giudiziario ha tratto linfa poi anche dall'istituzione del Consiglio superiore della magistratura che, mediante atti interpretativi, ha suggerito soluzioni attraverso le quali era possibile rendere direttamente applicabili i princìpi e le regole costituzionali, o risolvere i conflitti che si determinavano fra le norme desumibili dalla legislazione anteriore alla Costituzione e quelle derivanti dai princìpi cui essa si era ispirata.
      Negli anni successivi al dibattito intenso che si sviluppò sulle caratteristiche dell'ordinamento da dare alla magistratura e sull'inadeguatezza e sull'incostituzionalità delle norme vigenti, seguirono tuttavia poche iniziative tese a dare attuazione alla previsione della VII disposizione transitoria della Costituzione, che comunque non vennero mai approvate.
      Tuttavia, pur in mancanza di un disegno sistematico della materia per effetto delle riforme legislative parziali sopra ricordate, delle sentenze della Corte costituzionale intervenute e delle interpretazioni affermatesi nel periodo intercorso dal 1948 in poi, non può certamente dirsi che l'ordinamento giudiziario vigente in Italia fino al 2005 fosse ancora quello che i redattori della Costituzione avevano giudicato non conforme ad essa; l'assetto della magistratura italiana infatti era profondamente cambiato, pur rimanendo in vigore alcune parti residue dell'ordinamento del 1941, anche se non tutte le innovazioni introdotte potevano ritenersi pienamente coronate da successo.
      La valutazione dell'attuale intervento normativo non può dunque prescindere da alcune considerazioni relative al percorso che ha caratterizzato l'approccio alla realizzazione del sistema dell'ordinamento giudiziario dal 1860 ai nostri giorni.

      3. Da una impostazione di fondo, che in base allo Statuto albertino si occupava dell'ordine giudiziario con pochi princìpi derogabili attraverso l'utilizzazione della legge ordinaria, in considerazione del carattere flessibile di tale Costituzione, e che prefigurava una magistratura composta da funzionari nominati dall'esecutivo, reclutati soltanto parzialmente tramite concorso, con una quota di nomine politiche, si passò poi con la riforma Zanardelli del 1890 - regio decreto 30 giugno 1889, n. 6133 - alla previsione di un unico metodo di selezione tramite concorso, salva la ridotta previsione di nomine politiche per «meriti insigni».
      Il primo testo che disciplinò compiutamente l'«ordinamento giudiziario» fu dunque il regio decreto 6 dicembre 1865, n. 2626, in base al quale veniva costituito un corpo di magistrati di carriera nominati dall'esecutivo e dotati di uno status che solo nominalmente ne garantiva l'indipendenza, esclusi peraltro i magistrati del pubblico ministero che erano posti alle dipendenze del Ministro della giustizia, legame istituzionale che fu sciolto soltanto nel 1946.
      Questa architettura ordinamentale si ispirava al modello francese realizzato da Napoleone con la legge del 1810 sull'ordinamento giudiziario.
      Le prime modifiche alle caratteristiche «imperiali» dell'ordinamento giudiziario del 1865 intervennero con la riforma Orlando del 1907 - legge 7 marzo 1907, subito trasfusa nel testo unico di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 638, e relativo regolamento di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 641 - in cui cominciarono ad essere introdotte caratteristiche ordinamentali, coerenti con i princìpi del costituzionalismo, particolarmente sensibili al rafforzamento dell'indipendenza dei magistrati e del loro status professionale. L'avvento del fascismo al potere riportò la situazione sostanzialmente allo statu quo ante; la disciplina della magistratura

 

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venne cristallizzata con il regio decreto n. 12 del 1941 che prefigurò la magistratura come corpo di pubblici dipendenti aventi uno status professionale largamente simile a quello dei funzionari amministrativi e quindi indipendenti solo formalmente. Espressione di questa articolazione dell'ordine giudiziario, al di là delle intrinseche caratteristiche autoritarie di tutto l'assetto costituzionale del tempo, fu soprattutto l'inquadramento gerarchico di ispirazione transalpina, che aveva i suoi vertici nei capi dei singoli uffici giudiziari, nella Corte di cassazione e nel Ministero della giustizia.
      L'inserimento, poi, della vita professionale dei magistrati in uno schema organizzativo predefinito secondo carriere con caratteristiche burocratiche, attraverso la previsione di una progressione vincolata ai giudizi espressi dai superiori gerarchici, in occasione dei vari concorsi in cui essa era articolata, costituiva uno stretto reticolo di vincoli al sistema dell'indipendenza «interna» proprio a causa dei forti legami che i vertici della magistratura, nominati dal Consiglio dei ministri, mantenevano con il potere esecutivo e della disponibilità da parte degli stessi di pervasivi strumenti di controllo dei magistrati subordinati.
      L'Assemblea costituente abbandonò l'idea del giudice-funzionario, disegnando uno «statuto» del magistrato che rafforzava e garantiva la sua indipendenza, valorizzandone il ruolo professionale.
      Una delle pietre miliari della realizzazione del sistema costituzionale fu l'istituzione del Consiglio superiore della magistratura che permise di concretizzare l'«autogoverno» del potere giudiziario e quindi di rendere effettiva una condizione essenziale dell'indipendenza dei magistrati; successivamente intervenne una serie di leggi che ridimensionò la «carriera» giudiziaria, attuando il principio secondo il quale i magistrati si distinguono tra loro soltanto per le funzioni esercitate e non per i gradi o gli incarichi di cui sono titolari. Questo sistema fu rafforzato dall'applicazione rigorosa del principio del «giudice naturale» che, prevedendo l'attuazione della disciplina relativa al sistema della precostituzione del giudice, impedì per chiunque la possibilità di operare in modo tale da scegliersi il magistrato da cui farsi giudicare. L'indipendenza dei magistrati del pubblico ministero fu rafforzata nei limiti compatibili sia con le funzioni esercitate sia con la struttura, comunque piramidale, dell'ufficio di procura.
      L'evoluzione descritta ridisegnava nel momento finale, prima delle riforme su cui si intende intervenire, un modello di ordinamento giudiziario che si ispirava tuttavia ad un insieme di princìpi - quelli enunciati nel titolo IV della parte seconda della Costituzione del 1947 - che costituivano l'espressione di una linea profondamente difforme e in molti casi assolutamente antitetica a quella che aveva ispirato il decreto Grandi del 1941.
      La legge n. 150 del 2005 per molti versi rimodella il sistema secondo i canoni di uno schema obiettivamente dissonante rispetto al sistema costituzionale vigente. In questo senso appare oggettivamente improprio affermare che la legge n. 150 del 2005 costituirebbe attuazione della VII disposizione transitoria della Costituzione, e anzi, secondo molti commentatori, l'impianto complessivo della stessa sarebbe afflitto da un intrinseco vizio di costituzionalità.
      Ovviamente, nulla esclude che alcune specifiche soluzioni adottate dalla legge n. 150 del 2005 possano essere utilizzate in un diverso quadro normativo, e questo è stato il metodo utilizzato con il presente disegno di legge. È stato però necessario dare un chiaro segno di discontinuità nei confronti di una disciplina che non assicurava alla magistratura, in particolare con il sistema di accesso e di progressione nelle funzioni, un'adeguata condizione di indipendenza.

      4. Il presente disegno di legge viene dunque adottato per modificare, secondo criteri modulati all'interno di un coerente sistema di riforma, i decreti legislativi emanati in attuazione della citata legge n. 150 del 2005; in quest'ottica, l'intervento si muove nella prospettiva di una

 

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riforma complessiva dell'ordinamento giudiziario sulla linea tracciata dalla VII disposizione transitoria della Costituzione e al fine di creare una disciplina che garantisca maggiore funzionalità ed efficienza all'intero sistema giustizia.

      5. Per quanto riguarda l'intervento di modifica relativo al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, lo stesso è dettato dalla necessità di cambiare le regole in materia di accesso alla magistratura; si è così inteso definire una serie di questioni rimaste irrisolte anche dopo l'approvazione del suddetto decreto. È stato ritenuto necessario apportare alcune innovazioni al sistema dell'accesso, affrontando adeguatamente due antiche questioni; così gli interventi sono stati finalizzati a superare gli inconvenienti legati alla eccessiva lunghezza delle procedure concorsuali, rallentate dall'elevato numero dei partecipanti, e alla scarsa adeguatezza di prove scritte di taglio prevalentemente teorico, con l'introduzione anche di una prova di carattere pratico. Si è ritenuto poi importante potenziare la commissione perché solo così si può ragionevolmente pensare a un contenimento dei tempi di espletamento delle procedure concorsuali.
      L'ulteriore obiettivo perseguito, attraverso l'abrogazione della relativa disciplina, è stato quello di superare le potenziali disfunzioni create dall'obbligatorietà dell'indicazione dell'area funzionale, giudicante o requirente, cui essere assegnati dopo il concorso, e dalla previsione del colloquio psico-attitudinale nell'ambito delle prove orali.
      Nella proposta di riforma si è configurata, così, una tipologia di accesso strutturata in gran parte sulla falsariga di un concorso di secondo grado tendenzialmente omogenea a quella stabilita per le altre magistrature; è stata prevista l'ammissione al concorso ordinario, oltre che in ragione dell'appartenenza ai ruoli dei procuratori dello Stato, anche per la partecipazione ai corsi delle scuole di specializzazione cosiddette Bassanini, e a seguito del pregresso esercizio, per un congruo periodo, di funzioni giudiziarie onorarie; si è ritenuto opportuno riconoscere un valore di ammissione al concorso anche ad esperienze, se pur in parte eterogenee rispetto alla professione di magistrato, comunque caratterizzate dall'esercizio di specifiche pubbliche funzioni, come per i funzionari della carriera direttiva della pubblica amministrazione e per i docenti in materie giuridiche tra il personale di ruolo delle università; la considerazione della presenza di una comune humus culturale è stata ritenuta condizione necessaria e sufficiente per una previsione analoga in favore degli avvocati con almeno tre anni di iscrizione all'albo professionale. È stata poi prevista una tipologia di ammissione al concorso, rispondente alla finalità di reclutare i migliori fra i neo-laureati; è stata così disciplinata per coloro che si sono laureati con un punteggio non inferiore a centosette su centodieci, come voto finale di laurea, e con una media di ventotto trentesimi, rispetto ai voti degli esami sostenuti, la possibilità di partecipare immediatamente al concorso per l'accesso in magistratura. Questa scelta, che appare eccentrica rispetto alla tipologia di un concorso di secondo grado, in realtà trova la sua giustificazione, oltre che nel già ricordato obiettivo di reclutare i migliori fra i laureati, anche nel fatto che il corso di laurea in giurisprudenza è ormai strutturato su cinque anni e che, tra le prove del concorso, è stata introdotta anche una quarta prova pratica che indubbiamente obbliga qualsiasi partecipante ad una preparazione in ogni caso non esclusivamente teorica. Il metodo prescelto è sembrato quello più idoneo per evitare irragionevoli disparità di trattamento, ipotizzabili con l'esclusivo riferimento al voto di laurea, in considerazione dell'elevato numero delle facoltà universitarie e della disomogeneità di valutazione e determinazione del punteggio finale di laurea; sono stati così presi in considerazione anche altri fattori, quali la media dei voti ottenuti nella carriera universitaria nelle materie oggetto del piano di studio, in modo da ridurre al massimo il rischio di iniquità.

 

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      6. Vengono introdotte modifiche anche per quanto concerne la disciplina in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati. Il decreto legislativo n. 160 del 2006 prevede una netta ripartizione delle funzioni di merito e di legittimità e una rigida distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti: la farraginosità del sistema, la scelta di una costruzione piramidale della carriera dei magistrati, la scelta di fatto operata per una distinzione delle funzioni assimilabile ad una separazione delle carriere, il sistema di valutazione per titoli ed esami, scollegato da un reale obiettivo di valutazione della professionalità funzionalizzato all'efficienza, hanno reso necessario abolire quel quadro normativo in quanto intrinsecamente non emendabile. Nel configurare la nuova disciplina si è partiti dalla constatazione che il sistema di valutazioni della professionalità anteriore alla legge n. 150 del 2005 deve essere considerato non più adeguato, e quindi da riformare, per due prevalenti ragioni:

          a) la professionalità del magistrato, nella sua ricchezza di conoscenza tecnica, di capacità nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e giurisdizionali, di consapevolezza del ruolo e di responsabilità professionale, non può più essere affermata per presunzioni e solo in occasione dei passaggi di qualifica troppo distanziati o di incarichi specifici;

          b) il meccanismo è insufficiente ad attuare un reale vaglio delle specifiche capacità, delle doti e delle attitudini richieste per l'esercizio delle diverse funzioni che possono essere svolte nella sua vita professionale.

      Si è dunque prefigurata una nuova struttura delle valutazioni, con verifiche ogni quattro anni, con riferimento ai tempi, alle fonti di conoscenza, ai parametri, alla legittimazione e alle conseguenze in caso di riscontrata inadeguatezza.
      Si è disegnato un sistema che sgancia la progressione economica da quella delle funzioni (prevedendo una progressione economica condizionata esclusivamente dal superamento delle valutazioni di professionalità) perché solo in questo modo si può stimolare la permanenza di magistrati esperti e specializzati nelle funzioni di primo grado. È stata conservata la possibilità di transitare dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa prevedendo che il cambio di funzioni è possibile solo mutando distretto ed è subordinato ad una reale verifica delle attitudini. Saranno oggetto di valutazioni periodiche anche le capacità organizzative e le attitudini agli incarichi direttivi prevedendosi la temporaneità delle funzioni direttive. È stata introdotta, inoltre, la temporaneità di tutte le funzioni (con una forbice compresa tra gli 8 e i 15 anni).
      Nel sistema che si propone sono ben delineati i parametri di valutazione delle attitudini, delle capacità e dell'impegno del magistrato secondo ben precisi indicatori sulla qualità e sulla quantità del lavoro giudiziario, con conseguenti vagli professionali più approfonditi e rigorosi nel passaggio da una funzione a un'altra. In questa prospettiva anche l'analisi delle capacità organizzative e dell'attitudine agli incarichi direttivi è diventata elemento costante della valutazione periodica, da riprendere e da approfondire in occasione della valutazione specifica richiesta per il conferimento di un incarico direttivo, nella prospettiva ormai acquisita della temporaneità delle funzioni direttive. In tal senso si sono ridotti il peso e il valore specifico da attribuire all'anzianità, trasformata sostanzialmente da criterio di valutazione unicamente in criterio di legittimazione per concorrere a determinati posti direttivi.
      In attuazione delle sentenze della Corte costituzionale del 10 maggio 1982, n. 86 e n. 87, le funzioni di legittimità, per essere distinte nella Costituzione da quelle di merito, saranno conferite non solo in base al criterio di anzianità, bensì mediante l'accertata sussistenza di specifiche attitudini ad esercitarle. Sono stati, infine, previsti interventi in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del magistrato valutato, modulati in modo differenziato,

 

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con ripercussioni, nelle ipotesi più gravi, anche sulla progressione economica.
      In modo analogo si è prevista una procedura urgente da attivare in caso di revoca dei dirigenti che si rivelano inadeguati, prevedendosi, accanto alla valutazione ordinaria, una procedura speciale di accertamento tempestivo per le valutazioni di criticità nello svolgimento dell'attività direttiva per pervenire alla revoca dei dirigenti dimostratisi in concreto del tutto inadeguati.

      7. È stato poi ritenuto necessario un intervento innovativo sulla Scuola superiore della magistratura. Il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, ha istituito una struttura stabile incaricata di occuparsi in maniera continuativa delle esigenze formative e di aggiornamento per il personale di magistratura e, su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, anche di una parte del tirocinio dei magistrati in attesa del conferimento delle funzioni giurisdizionali. Tale distinzione deve essere osservata trattandosi di un'attività intimamente connessa con la valutazione da operarsi per la conferma in ruolo dei vincitori di concorso e, come tale, riservata al solo Consiglio superiore. È una scelta che si condivide, ma le modalità di realizzazione non appaiono adeguate al raggiungimento di questi obiettivi, anche perché alla Scuola sono stati attribuiti funzioni e compiti anche di carattere formativo e valutativo, in relazione alla partecipazione dei magistrati ai corsi di aggiornamento, che rischiano di snaturare l'attività della formazione, orientandola piuttosto verso la progressione in carriera e la preparazione e lo svolgimento dei concorsi. Con l'intervento proposto si è ricollocata l'attività della Scuola nell'ambito suo proprio dell'attività della formazione iniziale, complementare e permanente e di riconversione a seguito del passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa, prevedendo altresì una struttura più agile per il perseguimento degli obiettivi formativi. A tal fine è stata prevista una ubicazione decentrata, in tre sedi, nord, centro e sud, ove verranno svolte le attività di formazione; è stato poi organizzato un meccanismo procedurale al servizio dell'attività di formazione che sia comunque in grado di recepire tutte le istanze e i bisogni formativi del corpo dei magistrati e, al contempo, di fornire una risposta tempestiva e adeguata.
      Sono stati introdotti alcuni elementi di novità anche nella prospettiva di una integrazione delle varie realtà giurisdizionali in ambito europeo e per rimanere in linea con le prospettive di modifica dei decreti relativi alle modalità di accesso in magistratura e di progressione in carriera, cui l'attività della Scuola è stata prevista come necessariamente funzionale. E poiché è maturata una opzione verso l'obbligatorietà della formazione, il disegno di legge prevede che tutti i magistrati frequentino almeno un corso di formazione ogni quattro anni. Una particolare attenzione è stata rivolta ai magistrati nei primi anni di servizio per i quali si è, invece, previsto un obbligo di frequentare almeno un corso di formazione-aggiornamento ogni anno per i primi quattro anni dopo il conferimento delle funzioni.

      8. Il presente disegno di legge apporta modifiche anche al sistema dell'autogoverno della magistratura, sistema nel quale sono ormai strutturalmente inseriti i consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, modificando il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, oltre che alcuni aspetti dell'organizzazione dello stesso Consiglio superiore della magistratura, con la modifica della legge 24 marzo 1958, n. 195. Per quanto riguarda i consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, i punti del decreto legislativo oggetto dell'intervento di riforma, riguardano: il sistema elettorale; la semplificazione delle procedure di funzionamento attraverso l'eliminazione della qualità di collegi perfetti, con la consequenziale eliminazione della figura dei supplenti; l'aumento del numero dei componenti; la possibilità di deliberare a maggioranza dei presenti computando anche i membri di diritto; l'introduzione di

 

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una percentuale analoga a quella prevista per il Consiglio superiore della magistratura nel rapporto laici-togati (2/3-1/3), per tutte le tipologie di composizione dei consigli giudiziari pur numericamente diverse in relazione alla dimensione dei distretti.
      È stata inoltre configurata un'apposita sezione del consiglio giudiziario preposta alla trattazione dei pareri e dei provvedimenti organizzativi concernenti i giudici di pace e gli uffici dei giudici di pace e composta, oltre che dai membri di diritto, da giudici di pace eletti nel distretto, magistrati e avvocati.
      Per quanto riguarda l'elettorato passivo è stata confermata la ripartizione dei candidati con riferimento alle funzioni ricoperte, mentre è stata eliminata la previsione della figura del vice presidente, non compatibile con la possibilità di delega da parte del presidente della corte d'appello.
      Sono stati individuati nuovi criteri di formulazione dei pareri: il sistema della progressione in carriera è stato orientato verso una griglia di passaggi idonei ad operare un vaglio di professionalità, nelle sue dimensioni del merito, dell'attitudine, dell'impegno soggettivo e della capacità organizzativa. È stata, tra l'altro, espressamente prevista l'acquisizione di motivate e dettagliate indicazioni oggettive del consiglio dell'ordine degli avvocati. Interventi sostanzialmente analoghi sono stati previsti per il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, dove peraltro l'elettorato passivo è stato riconosciuto in favore di tutti i magistrati in servizio presso la Corte medesima, compresi i magistrati di merito destinati all'Ufficio del ruolo e del massimario.

      9. Si è poi intervenuti sulla legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura ricostituendo il numero dei componenti eletti in trenta unità, venti togati e dieci laici, secondo le proporzioni esistenti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 28 marzo 2002, n. 44, e si è ridisciplinata la composizione della segreteria e dell'Ufficio studi del Consiglio superiore della magistratura, prevedendo che il Consiglio continui ad avvalersi dell'opera di magistrati per la segreteria e per l'Ufficio studi, mantenendo l'indispensabile supporto tecnico-professionale specifico, la cui necessità era affermata dalla sua stessa legge istitutiva, al fine di renderne più efficiente l'attività, anche in considerazione del rilevante aumento delle sue competenze in materia di valutazione di professionalità.
      L'esigenza di procedere all'aumento del numero dei componenti è stata confermata dalla disfunzionalità delle modalità con le quali era stata determinata la composizione della sezione disciplinare, con particolare riguardo all'individuazione dei membri supplenti. Il meccanismo delle incompatibilità, infatti, si è rivelato insuperabile, giacché il numero di supplenti previsto, con riferimento alle diverse categorie, ha dimostrato presto la sua inadeguatezza. Solo grazie all'intervento della Corte costituzionale è stato possibile nominare altri supplenti.
      Con sentenza 22 luglio 2003, n. 262, la Corte costituzionale, infatti, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, nel testo modificato dall'articolo 2 della legge 28 marzo 2002 n. 44, nella parte in cui non prevedeva l'elezione da parte del Consiglio superiore della magistratura di ulteriori membri supplenti della Sezione disciplinare «in modo da consentire la costituzione, per numero e categoria di appartenenza, di un collegio giudicante diverso da quello che abbia pronunciato una decisione successivamente annullata con rinvio dalle Sezioni unite della Cassazione».
      La stessa Corte ha sottolineato che l'attribuzione del potere disciplinare a «una composizione più ristretta costitutiva della Sezione disciplinare (...) non dà vita ad un organo autonomo dal Consiglio stesso, né a forme di frazionamento del potere, di cui il Consiglio è e resta unico titolare», e ha concluso che «sussiste un interesse costituzionalmente protetto a che il procedimento stesso, comunque configurato dal legislatore ordinario, si svolga in modo tale da non ostacolare l'indefettibilità

 

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e la continuità della funzione disciplinare attribuita dalla Costituzione direttamente al Consiglio superiore». Il Consiglio superiore della magistratura ha dovuto integrare il numero dei supplenti con una sua delibera, applicativa della sentenza della Corte appena citata.

      10. L'intervento sul decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, sull'individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché sul decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia, nasce dall'esigenza di apportare una serie di modificazioni alle previsioni di attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, in base alla quale erano prefigurate:

          a) la creazione di strutture amministrative regionali o interregionali quali organi decentrati del Ministero;

          b) la creazione dell'ufficio del direttore tecnico presso 4 dei 26 distretti;

          c) la definizione delle specifiche attribuzioni del dirigente amministrativo e il suo rapporto con il magistrato preposto all'ufficio giudiziario.

      Si è ritenuto opportuno precisare, con maggiore attenzione, i compiti e le funzioni attribuiti, rispettivamente, al capo dell'ufficio giudiziario e al dirigente amministrativo presso il medesimo ufficio.
      La puntuale ricognizione dei compiti attribuiti ha, da un canto, lo scopo di chiarire gli ambiti di competenza spettanti a ciascuno di essi, al fine di evitare possibili sovrapposizioni o conflitti e, dall'altro, di garantire la direzione unitaria dell'ufficio giudiziario, nella persona del suo capo, anche rispetto all'attività di amministrazione dei servizi strumentali rispetto all'esercizio della giurisdizione.
      Particolare importanza ha la fissazione del termine del 30 giugno di ciascun anno entro il quale i titolari degli uffici giudiziari dovranno elaborare, d'intesa con il dirigente preposto all'ufficio delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie, il programma delle attività annuali.
      La trasmissione del programma al Ministero della giustizia entro tale termine consentirà, infatti, al Ministro di quantificare preventivamente gli oneri finanziari relativi agli stanziamenti necessari per ciascun ufficio giudiziario, nell'anno di riferimento della legge finanziaria in corso di approvazione, con un generale potere di intervento a cascata dei dirigenti degli uffici a competenza nazionale o del distretto nei casi in cui, rispettivamente, i secondi o i dirigenti degli uffici circondariali non provvedano ad adottare tempestivamente il programma annuale o le necessarie modifiche.
      La nuova soluzione proposta individua nel coinvolgimento e nella motivazione di tutti gli operatori nell'individuazione degli obiettivi, nonché nella definizione del bud- get e delle soluzioni più adeguate al raggiungimento del risultato il modello organizzativo più adeguato tendente, tra l'altro, a rendere residuale la ricorrenza di conflitti, pur confermando la responsabilità del capo dell'ufficio. Solo di fronte alla perseveranza del conflitto si è previsto di affidare al presidente della corte d'appello o al procuratore generale presso la medesima corte un potere sostituivo residuale di intervento, sentiti il titolare dell'ufficio e il dirigente.
      In presenza di sopravvenute esigenze, il programma annuale può essere modificato dal titolare dell'ufficio giudiziario, sentiti i magistrati titolari di funzioni semidirettive e il dirigente. Di tale programma e del sottostante modello organizzativo il capo dell'ufficio tiene conto anche ai fini della predisposizione del progetto tabellare.
      Si è ritenuto opportuno procedere alla soppressione dell'ufficio del direttore tecnico che costituiva una duplicazione della struttura decentrata. Allo stesso modo si sono superate con la nuova formulazione le incertezze relative alla ripartizione di competenze tra amministrazione centrale e strutture decentrate, cercando di assicurare il miglior risultato dell'azione amministrativa.

 

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      11. Sono previsti, inoltre, vari interventi sulla disciplina del collocamento fuori ruolo e sul ricollocamento in ruolo dei magistrati; sull'ordinamento giudiziario per coordinare la nuova disciplina con quella vigente; sulla nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari e su altre disposizioni di legge con riformulazioni e abrogazioni, sempre al fine di attuare una armonizzazione del sistema nel suo complesso.

      12. In particolare, per quanto riguarda la nomina alle funzioni direttive si è ritenuto necessario provvedere ad adeguare le scarne norme del regio decreto n. 12 del 1941, rimaste ancorate a un modello professionale di magistrato segnato da una sostanziale indifferenza per le capacità organizzative, essendo negli anni maturata la consapevolezza circa la necessità di riservare una particolare e spiccata attenzione per il profilo organizzativo-funzionale degli uffici giudiziari, e quindi circa l'importanza strategica della figura dei dirigenti in un disegno complessivo di buon funzionamento del servizio giustizia.
      Rispetto alle regole legislative sulla nomina dei dirigenti che si limitavano a prevedere i tradizionali, e poco significativi, parametri dell'attitudine, del merito e dell'anzianità, si è predisposto un quadro normativo nel quale, pur conservando un valore al criterio dell'anzianità, si sono notevolmente accentuati quegli aspetti capaci di legare la scelta al possesso di specifici elementi di professionalità nella gestione e nell'organizzazione.
      Si è, infatti, prevista la frequenza di specifici corsi di formazione presso la Scuola superiore della magistratura in vista dell'assunzione di incarichi direttivi, di cui è stata conservata la natura temporanea, di modo che il titolare non solo venga valutato al termine di ciascun periodo ma che, alla scadenza dello stesso, non vi sia una conferma dell'incarico bensì si passi sempre attraverso una nuova selezione al fine di procedere ad una valutazione di tutti i candidati per assegnare l'incarico solo al migliore di essi.
      Le procedure di selezione dei dirigenti sono state dunque disegnate nella consapevolezza che il «mestiere di dirigente» non può essere improvvisato e non deve essere appreso solo «sul campo», come per molti anni è avvenuto, ma attraverso momenti di un impegno organizzativo, e che tale mestiere, pur partecipando della natura giudiziaria delle funzioni, ha peculiarità che richiedono una preparazione di tipo attitudinale.
      È stata così restituita al Consiglio superiore della magistratura la pienezza della valutazione sulle attitudini direttive, eliminando il pletorico sistema di concorsi e di commissioni esaminatrici e prevedendo che le valutazioni possano dispiegarsi soprattutto nella verifica delle pregresse esperienze organizzative, che si possono sostanziare sia nel precedente svolgimento di funzioni direttive o semidirettive sia nello stesso impegno di organizzazione del proprio ufficio, che caratterizza il ruolo di ciascun magistrato.
      Sono stati poi predisposti strumenti di controllo da parte del Consiglio superiore della magistratura sullo svolgimento delle funzioni direttive, prevedendo specificamente che il Consiglio superiore della magistratura possa, se del caso, rimuovere dall'incarico il magistrato che abbia dato prova di inadeguatezze dirigenziali, superando scelte selettive del dirigente rivelatesi errate, anche prima della scadenza del termine a seguito di specifici controlli sulla gestione.

      13. Altro punto oggetto di intervento è stato quello relativo alla temporaneità delle funzioni. La temporaneità nelle funzioni è un problema storico e scottante che ha visto prime controverse applicazioni fino ai primi anni Novanta. Alla fine di quegli anni il legislatore ha modificato l'articolo 7-bis, comma 2-ter, del regio decreto n. 12 del 1941, recante l'ordinamento giudiziario, ed è intervenuto in termini di temporaneità con malcelati intenti punitivi nei confronti dei giudici per le indagini preliminari (GIP) prevedendo una permanenza massima di sei anni. La norma, poi ampliata a dieci anni dallo

 

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stesso legislatore, nulla ha apportato alla professionalità dei GIP rivelandosi un mero fattore di rigidità. D'altro canto, il Consiglio superiore della magistratura, a partire dalla circolare per la formazione delle tabelle del 1991, aveva introdotto un termine decennale di permanenza nella stessa posizione tabellare per motivi del tutto condivisibili: evitare perdite di motivazione, assuefazioni, possibili incrostazioni di potere. La norma ha cominciato a trovare effettiva applicazione dagli anni 1996-1997 per alcune tipologie di sezioni (distaccate, fallimentari, societarie) e, per effetto imitativo e di parità di trattamento, la temporaneità è stata poi applicata in modo sempre più massiccio. Tuttavia questa scelta che doveva costituire la spinta verso la creazione di percorsi professionali che valorizzassero specializzazioni e capacità per diffonderle in altri settori e uffici e che incoraggiassero un ricambio graduale e ragionato è stata vista troppo spesso come una mannaia che provoca perdita di saperi e di competenze, più da eludere che da rispettare. È stato, pertanto, necessario trovare un contemperamento tra l'esigenza di specializzazione come accentuazione della professionalità e la necessità di evitare il formarsi di incrostazioni che possano appannare l'apparenza di terzietà e indipendenza della funzione giudiziaria.
      Il principio della temporaneità è stato inserito all'interno di percorsi professionali in modo da renderlo congruo ed eventualmente differenziato a seconda delle specializzazioni per far sì che sia praticabile prevedendo la possibilità per il Consiglio superiore della magistratura di individuare la durata più adeguata in relazione a ciascuna funzione nel quadro di una previsione normativa che ha individuato un minimo (otto anni) e un massimo (quindici anni). Si sono così favoriti i percorsi professionali multivalenti in modo da poter passare da un settore all'altro.

      14. La riforma, inoltre, ha inteso dare piena attuazione al principio costituzionale secondo cui la magistratura è unica sia nel concorso di ammissione, sia nel tirocinio e nel ruolo di anzianità, e si distingue solo per le funzioni esercitate. È stato così abolito il sistema delle qualifiche in cui si articolava la carriera del magistrato, che non ha più corrispondenza nella realtà, e nel contempo è stato realizzato un sistema che sganci la progressione economica da quella delle funzioni (prefigurando una progressione economica condizionata esclusivamente dal superamento delle valutazioni di professionalità), soluzione che consente anche di stimolare la permanenza di magistrati esperti e specializzati nelle funzioni di primo grado. A tal fine si è agito sui tempi di verifica della professionalità, sui parametri attraverso i quali misurare il contenuto della professionalità, sulle fonti e sulle modalità di conoscenza per stabilire da dove e come attingere le informazioni utili da far confluire nella procedura di valutazione.
      È stata prevista una costante formazione professionale, nei suoi diversi momenti, iniziale e permanente, e comunque obbligatoria in occasione della riconversione ad altra funzione, realizzata attraverso la «scuola della magistratura» per rendere la giurisdizione caratterizzata in ogni suo aspetto da quella dignità che la Costituzione le assegna. In attuazione delle citate sentenze della Corte costituzionale 10 maggio 1982, n. 86 e n. 87, è stato previsto che le funzioni di legittimità, per essere distinte nella Costituzione da quelle di merito, siano conferite non in base al criterio di anzianità, bensì mediante l'accertata sussistenza, oltre che degli altri criteri di professionalità, di specifiche attitudini ad esercitarle. Sono stati previsti interventi in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del magistrato valutato con ripercussioni sulla progressione economica e, nelle ipotesi più gravi, sulla prosecuzione stessa del rapporto di impiego.
      In questo contesto la differenziazione «interna» delle funzioni in giudicanti e requirenti, in funzioni di primo grado, di secondo grado e di legittimità, nonché in semidirettive, direttive, direttive superiori e direttive apicali, perde ogni connotazione

 

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gerarchica e assume un carattere meramente descrittivo e funzionale, utile a definire i requisiti di accesso ai diversi posti e funzioni.
      Per quanto riguarda l'attribuzione delle funzioni e il passaggio da quelle giudicanti a quelle requirenti e viceversa, è previsto che di norma, al termine del tirocinio e anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità, i magistrati di tribunale non possano essere destinati a svolgere le funzioni requirenti e quelle di giudice presso la sezione dei giudici per le indagini preliminari, essendo fondamentale una preventiva esperienza professionale prima dello svolgimento di tali funzioni. Eccezioni a tale principio sono possibili solo in base a delibera motivata del Consiglio superiore della magistratura, previo parere del consiglio giudiziario che deve specificatamente motivare l'attitudine per l'una o per l'altra funzione o per entrambe.
      La normativa che più direttamente concerne il passaggio, a domanda dell'interessato, da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, nella prima parte prevede che:

          a) il passaggio può essere richiesto dopo almeno cinque anni di servizio in ciascuna funzione;

          b) il passaggio può essere disposto, a seguito di frequenza di un corso di qualificazione professionale organizzato dal Consiglio superiore della magistratura, subordinatamente a un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore su parere del consiglio giudiziario; per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire il parere del presidente della corte d'appello o, rispettivamente, del procuratore generale della Repubblica presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti; il presidente della corte d'appello o il procuratore generale possono acquisire anche le valutazioni del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità; per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni periodiche. È prevista la richiesta facoltativa di osservazioni del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati da parte dei vertici del distretto ai fini della formulazione del loro parere.

      Tali limitazioni non operano per il conferimento delle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado e per tutte quelle direttive di secondo grado che comportino il mutamento di funzioni da giudicante a requirente e viceversa in un diverso circondario dello stesso distretto di corte d'appello, e per il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa, comprese quelle direttive, presso la Corte di cassazione.

      15. Il disegno di legge prevede una più completa e articolata procedimentalizzazione triennale della formulazione e dell'approvazione dei progetti organizzativi degli uffici di procura, compreso quello presso la Corte di cassazione, con la previsione dei pareri dei consigli giudiziari e del Comitato direttivo della Corte di cassazione, nonché della delibera finale del Consiglio superiore della magistratura e del decreto del Ministro della giustizia, su delibera conforme del Consiglio superiore, restituendo all'ufficio di procura un modello di ufficio organizzato in modo razionale.

      16. Infine il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario con l'emanazione di un unico codice, nonché, entro un anno dalla data di entrata in vigore del citato codice, di un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.
      Il Governo è delegato altresì ad adottare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, anche uno o più

 

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decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario militare, adeguandole alle disposizioni contenute nella legge di delega, tenendo conto della specificità e delle esigenze organizzative della giustizia militare, e rimodulando la distribuzione dei relativi uffici sul territorio, tenendo conto della diminuita domanda di giustizia militare per effetto dell'avvenuta sospensione della leva e della contestuale professionalizzazione della struttura militare, nel rispetto dell'attuale quadro costituzionale dettato dall'articolo 103 della Costituzione.

      17. Passando ora ad esaminare le singole disposizioni, si fa presente che il disegno di legge si compone di 9 articoli e di tre tabelle allegate.
      L'articolo 1 apporta modifiche agli articoli da 1 a 9 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante la disciplina dell'accesso in magistratura. Nel comma 1 è stabilito che la parola «uditorato», termine fino ad oggi utilizzato per identificare il periodo posto tra il superamento del concorso di accesso e la presa di funzioni, sia sostituita con la parola «tirocinio».
      Il comma 2, che sostituisce l'articolo 1 del decreto legislativo n. 160 del 2006, prevede che la nomina a magistrato ordinario si consegua mediante un concorso per esami. Il concorso sarà bandito con cadenza almeno annuale, in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo. Il concorso per esami è stato configurato sostanzialmente come concorso di secondo grado e vi sono ammessi (comma 3 dell'articolo in esame) candidati, che non siano incorsi in sanzioni disciplinari, appartenenti alle seguenti categorie:

          1) procuratori dello Stato;

          2) dipendenti dello Stato, muniti della laurea in giurisprudenza, con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro-comparto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianità anche complessiva nella qualifica posseduta;

          3) personale di ruolo delle università docente nelle cattedre di materie giuridiche in possesso di laurea in giurisprudenza;

          4) dipendenti della pubblica amministrazione, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, muniti della laurea in giurisprudenza, con qualifica dirigenziale (o appartenenti all'ex area direttiva) che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso nel quale era richiesto il possesso del titolo di laurea e che abbiano maturato nelle predette carriere almeno cinque anni di anzianità;

          5) avvocati iscritti all'albo che hanno esercitato la professione per almeno tre anni;

          6) giudici di pace, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari che abbiano completato almeno il primo incarico e siano stati confermati dal Consiglio superiore della magistratura a seguito di valutazione positiva della attività svolta;

          7) laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e hanno conseguito il diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398;

          8) per consentire l'accesso in magistratura ai laureati più meritevoli, è previsto che possano partecipare al concorso per esami coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, ovvero la laurea magistrale, con il nuovo ordinamento universitario, con un corso di durata quinquennale riportando una votazione media complessiva degli esami sostenuti pari ad almeno 28/30, e un punteggio di laurea finale pari ad almeno 107/110.

 

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      18. Il concorso per esami (comma 2 del nuovo articolo 1 del decreto legislativo n. 160 del 2006) si articola su prove scritte, effettuate con le procedure previste per garantire l'anonimato dei concorrenti (articolo 8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860) e orali. La prova scritta consiste nello svolgimento di tre elaborati teorici vertenti su diritto civile, penale e amministrativo e di uno pratico, quest'ultimo su una materia scelta dalla commissione, attraverso l'estrazione a sorte operata la mattina della prova, consistente nella redazione di un provvedimento in materia di diritto e procedura civile ovvero di diritto e procedura penale. Sono poi indicati (comma 4) le materie su cui verte la prova orale e i criteri per individuare il superamento della prova (comma 5). Il candidato dovrà indicare nella domanda una lingua straniera sulla quale verterà un esame orale.
      Nulla è innovato quanto agli specifici requisiti necessari per la copertura dei posti di magistrato nella provincia di Bolzano; per partecipare ai concorsi per l'accesso in magistratura nella provincia di Bolzano i candidati dovranno indicare una lingua straniera diversa rispetto a quella obbligatoria per il conseguimento dell'impiego (comma 7).
      Quali ulteriori requisiti per l'accesso è richiesto che il candidato sia di condotta incensurabile e (riproducendo una disposizione già presente nell'attuale normativa) che non sia stato dichiarato non idoneo per tre volte in precedenti concorsi per l'accesso alla magistratura.
      Il comma 4 dell'articolo 1 del disegno di legge, oltre ad apportare modifiche al fine di coordinare il vigente testo dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 160 del 2006 (disposizioni contenute anche nel comma 5), prevede che il concorso per l'accesso alla magistratura si svolga con cadenza almeno annuale nelle sedi stabilite nel decreto che indice il concorso, ferma restando la disposizione che ove la prova abbia luogo contemporaneamente in più sedi la commissione esaminatrice espleterà presso una di esse, individuata con decreto ministeriale, le operazioni di scelta e di sorteggio delle prove. Nelle altre sedi le funzioni della commissione, per il regolare espletamento della prova, saranno attribuite a un comitato di vigilanza.

      19. È stato ridisciplinato (comma 6 dell'articolo 1 del disegno di legge, che apporta modifiche all'articolo 5 del decreto legislativo n. 160 del 2006) il funzionamento della commissione esaminatrice in un'ottica di maggiore funzionalità. La commissione del concorso per esami è composta da un presidente e da venti magistrati e otto professori universitari. Per garantire la rapida conclusione delle prove, è previsto l'esonero dalle funzioni giudiziarie per il tempo necessario all'espletamento delle stesse. Finalità acceleratorie ha la previsione della formazione di due sottocommissioni (suddivise in quattro collegi), nell'ipotesi in cui siano più di trecento i candidati che abbiano portato a termine le prove scritte (articolo 1, comma 6). Al fine di garantire omogeneità nei criteri di valutazione delle prove, è previsto che la commissione definisca i criteri per la valutazione degli elaborati scritti prima della loro correzione. Per le modalità di svolgimento delle prove scritte e orali sono richiamate le norme del citato regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860.
      I commi 7, 8 e 9 dell'articolo 1 del disegno di legge contengono disposizioni di coordinamento del testo di legge emendato con la nuova disciplina. L'ultima parte del comma 9, alla lettera c), prevede che con il conseguimento della prima valutazione di professionalità, decorsi quattro anni dalla data della nomina con giudizio positivo sull'attività svolta, si venga abilitati all'esercizio della professione di avvocato, mentre con il conseguimento della quarta valutazione di professionalità si consegua l'abilitazione al patrocinio innanzi alle magistrature superiori.

      20. L'articolo 2 del disegno di legge sostituisce gli articoli 10, 11, 12, 13, 35, 45, 46, 51 e 52, modifica gli articoli 19 e 36, e introduce l'articolo 34-bis del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in materia di progressione economica e di funzioni

 

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dei magistrati. Il comma 1 sostituisce l'articolo 10 del decreto legislativo citato, disponendo che la magistratura sia unica nel concorso di ammissione, nel tirocinio e nel ruolo di anzianità, e prevedendo distinzioni solo quanto alle funzioni esercitate. Le funzioni si distinguono in giudicanti e requirenti di primo, di secondo grado e di legittimità, nonché in semidirettive, semidirettive elevate, direttive, direttive elevate, direttive superiori e direttive apicali. Sono quindi elencate, nella nuova formulazione dell'articolo 10, nei commi da 3 a 14, tutte le funzioni.
      Il comma 2 dell'articolo 2 del disegno di legge - sostituendo l'articolo 11 del decreto legislativo n. 160 del 2006 - detta i criteri e le modalità per le periodiche valutazioni di professionalità. Sono stati previsti momenti di verifica della professionalità ad intervalli di quattro anni per tutta la vita professionale del magistrato, al fine di mantenere standard medi di professionalità e nel contempo di favorire l'acquisizione di dati e informazioni che consentiranno un più adeguato giudizio in occasione delle valutazioni periodiche e di quelle connesse al conferimento di incarichi o di funzioni semidirettive o direttive. Sono stati identificati specifici parametri per verificare l'adeguatezza della professionalità delle diverse funzioni dei magistrati (la competenza tecnico-giuridica, l'efficienza e la produttività, l'adeguatezza e la tempestività della risposta, il rapporto tra i mezzi utilizzati e i risultati raggiunti, la capacità di utilizzare il lavoro di gruppo, la capacità di autorganizzazione e di utilizzazione delle risorse materiali e umane, la capacità di rapportarsi alla complessità delle relazioni interpersonali che la funzione svolta richiede). Sono stati, dunque, definiti parametri di valutazione idonei a fornire un quadro reale delle attitudini, delle capacità e dell'impegno del magistrato (con indicatori affidabili sulla qualità e sulla quantità del lavoro giudiziario), con conseguenti vagli professionali più approfonditi e rigorosi nel passaggio da una funzione a un'altra (e non solo tra giudicante e requirente e viceversa). All'organo di autogoverno della magistratura è stato attribuito un rilevante ruolo quanto alla individuazione degli standard di rendimento, nonché alla specificazione degli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte del consiglio giudiziario, organo che formula, acquisita la documentazione, parere motivato da trasmettere al Consiglio superiore della magistratura che procede alla valutazione di professionalità. Per assicurare omogeneità nelle valutazioni è stabilito (articolo 2, comma 2, capoverso Art. 11, comma 19) che il Consiglio superiore della magistratura, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, disciplini con propria delibera: i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali di udienza; i dati statistici da raccogliere; le modalità di redazione dei pareri dei consigli giudiziari; i criteri di valutazione, in relazione ai parametri indicati nella norma, con specifica indicazione degli elementi da considerare; l'individuazione degli standard medi di definizione dei procedimenti, secondo parametri sia qualitativi sia quantitativi.
      Anche l'analisi delle capacità organizzative e dell'attitudine agli incarichi direttivi è divenuto elemento costante della valutazione periodica, da riprendere e da approfondire in occasione della valutazione specifica richiesta per il conferimento di un incarico direttivo, nella prospettiva ormai acquisita della temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive (quattro anni rinnovabili, come previsto dall'articolo 2, comma 1, capoverso Art. 10, commi 9 e 10). In tal senso sono stati ridotti fortemente il peso e il valore specifico da attribuire all'anzianità, che sono stati trasformati da criteri di valutazione, unicamente a criteri di legittimazione per concorrere a posti direttivi e semidirettivi (limite massimo di 72 anni di età, con l'eccezione degli incarichi direttivi superiori e apicali come quelli di Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, di Presidente aggiunto della Corte di cassazione, di Procuratore generale aggiunto, di Primo presidente
 

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della Corte di cassazione e di Procuratore generale presso la medesima Corte, per i quali non è previsto il limite massimo di età - articolo 2, commi 6, 7 e 8).
      Sono state ampliate anche le fonti e le modalità di conoscenza, perché uno dei difetti del sistema di progressione in carriera antecedente alla riforma del 2005 stava nel fatto che le prassi applicative avevano visto la prevalenza di documenti valutativi che si alimentavano reciprocamente. Sono stati valorizzati le fonti e gli strumenti diretti all'acquisizione di elementi fattuali di conoscenza (articolo 2, comma 2, del disegno di legge che sostituisce l'articolo 11 del decreto legislativo n. 160 del 2006), anche attraverso l'autorelazione del magistrato; l'esame di provvedimenti, verbali di udienze, incarichi svolti, segnalazioni e rapporti dei capi degli uffici, statistiche comparate, rinnovate e precisate; l'acquisizione di provvedimenti a campione; la documentazione delle esperienze organizzative svolte; l'acquisizione di notizie su fatti rilevanti penalmente e disciplinarmente e di contributi conoscitivi (elementi e non valutazioni) provenienti da organi istituzionali, quali il consiglio dell'ordine degli avvocati. Si è riservato ai consigli giudiziari e al Consiglio superiore della magistratura il compito di esprimere valutazioni sui dati oggettivi, concreti e attendibili acquisiti. È stata attribuita attenzione alla verifica di produttività, in relazione a sistemi di rilevamento che facciano riferimento al carico di lavoro degli uffici, alla loro dimensione qualitativa, alla loro produttività complessiva e alla produttività dei singoli magistrati addetti.
      Gli interventi previsti in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del magistrato valutato sono di diversa entità (articolo 2, comma 2, che sostituisce l'articolo 11 del decreto legislativo n. 160 del 2006), con ripercussioni anche sulla progressione economica nelle ipotesi più gravi, attuati con due distinte procedure di accertamento. La prima, che possiamo definire fisiologica, già illustrata, connessa ai tempi delle ordinarie verifiche quadriennali con conseguenze di diversa entità (previsione di corsi di aggiornamento e formazione, mutamento delle funzioni esercitate, divieto di conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi, impossibilità di svolgere incarichi extragiudiziari, ripercussioni sulla progressione economica diversamente modulati qualora il giudizio sia non positivo o negativo), fino a giungere alla dispensa dal servizio nel caso di secondo giudizio negativo. Sono dettate specifiche regole per la valutazione di professionalità dei magistrati fuori ruolo per i quali il giudizio è comunque espresso dall'organo di autogoverno previa acquisizione di parere (espresso dal Ministero della giustizia se il magistrato presta servizio presso tale struttura o dal consiglio giudiziario presso la corte d'appello di Roma negli altri casi) da formulare sulla base della relazione dell'autorità presso la quale viene prestato il servizio nonché della documentazione prodotta dall'interessato.
      È stata prevista, altresì, una procedura, da attivare ogni biennio, di controllo di gestione sull'attività dei dirigenti, che può portare sino alla revoca dell'incarico per coloro che si rivelino inadeguati. Non solo, ma la durata dell'incarico direttivo è stata, come detto, limitata a un quadriennio, prevedendo la possibilità del rinnovo dell'incarico per una sola volta nella stessa sede, subordinandola comunque ad una nuova procedura concorsuale, sicché l'attribuzione dell'incarico del nuovo quadriennio non sarà solo conseguenza della valutazione positiva dell'attività svolta, ma anche della valutazione comparativa della capacità di altri aspiranti (articolo 2, commi 9 e 10).
      Il comma 3 dell'articolo 2 del disegno di legge, che sostituisce l'articolo 12 del decreto legislativo n. 160 del 2006, stabilisce quali sono i requisiti e i criteri per il conferimento delle funzioni, prevedendo che il conferimento delle funzioni avvenga a domanda degli interessati, attraverso una procedura concorsuale per titoli alla quale sono ammessi a partecipare i magistrati che abbiano conseguito la valutazione di professionalità richiesta (o d'ufficio solo in caso di esito negativo della
 

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procedura concorsuale e in presenza di ragioni di urgenza). Quindi, solo a titolo esemplificativo, rimandando per la disciplina dettagliata all'articolo in esame, mentre per il conferimento della funzione di giudice presso il tribunale ordinario è richiesta la sola delibera di conferimento delle funzioni giurisdizionali al termine del periodo di tirocinio, per il conferimento della funzione di consigliere presso la corte d'appello è richiesta almeno la seconda valutazione di professionalità, mentre per il conferimento della funzione di presidente del tribunale ordinario è richiesto, oltre alla specifica valutazione della capacità di organizzazione e direzione, il conseguimento almeno della terza valutazione di professionalità, fino a giungere alla settima valutazione di professionalità richiesta per il conseguimento delle funzioni di Primo presidente della Corte di cassazione e di Procuratore generale presso la medesima Corte. Quanto alle funzioni di legittimità, è previsto che le stesse siano conferite non solo in base al criterio di anzianità, ma anche previo accertamento di specifiche attitudini. In tal senso è stata prevista (articolo 2, comma 3, capoverso Art. 12, comma 12) l'istituzione di una commissione nominata dal Consiglio superiore della magistratura che avrà il compito di accertare le attitudini dei candidati e di riferire all'organo di autogoverno l'esito delle proprie verifiche. La commissione, costituita da cinque componenti nominati dal Consiglio superiore della magistratura, di cui tre scelti fra magistrati che abbiano conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità, e due scelti tra professori universitari di ruolo, avrà, in particolare, il compito di fornire una prima valutazione sulle specifiche attitudini del magistrato ad esercitare le funzioni di legittimità e non si occuperà del parametro del merito, la cui verifica è affidata in via esclusiva alla commissione consiliare referente e al Consiglio superiore della magistratura ai quali spetterà, comunque, di esprimere la definitiva valutazione sul conferimento delle funzioni, tenendo conto di tutti gli aspetti, anche in relazione alla specifica attitudine del magistrato ad esercitare le funzioni di legittimità, nel rispetto della norma della Costituzione. È stato, tuttavia, previsto che il Consiglio superiore, se intenda discostarsi dal parere espresso dalla commissione per la valutazione dell'attitudine allo svolgimento di funzioni di legittimità, sia libero di farlo, salvo motivare sul punto. Ovviamente tale motivazione si atteggia come aggiuntiva all'ordinaria motivazione richiesta per il provvedimento di conferimento delle funzioni.
      Il comma 4 dell'articolo 2, che sostituisce l'articolo 13 del decreto legislativo n. 160 del 2006, dispone che i magistrati, al termine del tirocinio, non siano destinati a svolgere funzioni requirenti e quelle di giudice per le indagini preliminari, e ciò in considerazione della particolare delicatezza di tali funzioni per l'esercizio delle quali è necessario avere svolto in concreto la funzione giurisdizionale. È tuttavia previsto che il Consiglio superiore della magistratura possa, anche per far fronte a situazioni particolari, derogare a tale regola previo parere del consiglio giudiziario. In tale caso dovrà essere specificamente motivata l'attitudine del giovane magistrato per l'una o l'altra funzione o per entrambe. Quanto al passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, mentre è stata conservata la possibilità di transitare dall'una all'altra funzione, si è introdotto, come detto, un limite geografico costituito dal distretto di corte d'appello, nel senso che il cambiamento di funzioni è possibile soltanto trasferendosi da un distretto a un altro, con l'ulteriore limite del divieto di trasferimento nel capoluogo di distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale, in relazione al distretto in cui il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni. Inoltre, il cambio di funzioni è stato subordinato ad altre condizioni tra le quali: una non formale verifica delle attitudini, anche a seguito di frequenza di un apposito corso di qualificazione professionale e subordinatamente a un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore
 

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della magistratura su parere del consiglio giudiziario, formulato previa acquisizione, oltre che degli elementi forniti dal capo dell'ufficio, anche, se del caso, delle osservazioni del presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati. Nel caso di conferimento di uffici direttivi è possibile il mutamento dalla funzione giudicante a quella requirente, e viceversa, con il limite geografico del cambiamento del circondario, mentre tali limitazioni non si applicano, anche in considerazione della peculiare natura delle funzioni svolte, agli uffici di legittimità.
      È stata prevista la temporaneità di tutte le funzioni, compresa in una forbice che va da otto a quindici anni (articolo 2, comma 5), con attribuzione al Consiglio superiore della magistratura del compito di definire limiti specifici in relazione alle diverse esigenze delle singole attività.
      I commi 6 e 7 dell'articolo 2 che inseriscono, rispettivamente, l'articolo 34-bis e sostituiscono l'articolo 35 del decreto legislativo n. 160 del 2006 prevedono, come detto, limiti di età per il conferimento delle funzioni semidirettive, direttive, direttive superiori e direttive apicali, fissate in 72 anni per il conferimento delle funzioni semidirettive e direttive, senza limiti di età per le sole funzioni direttive superiori e apicali.
      Il comma 8, modificando l'articolo 36 del citato decreto legislativo n. 160 del 2006, prevede che per i magistrati che siano stati riammessi in servizio a seguito di conclusione del procedimento penale con pronuncia di sentenza definitiva di proscioglimento, la possibilità di recuperare il tempo della sospensione non possa spingersi oltre il limite massimo di 75 anni di età previsto per il definitivo collocamento in quiescenza, essendo già prevista la restituzione dell'integrale salario in relazione al periodo trascorso in posizione di sospensione dal servizio in caso di assoluzione.
      I commi 9 e 10 dell'articolo 2 del disegno di legge, che sostituiscono gli articoli 45 e 46 del decreto legislativo n. 160 del 2006, concernono, come già detto, la disciplina della temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive prevista per il periodo di quattro anni; alla scadenza del termine in caso di funzioni direttive, le stesse possono essere conferite nuovamente allo stesso titolare previo concorso, con preferenza per lo stesso, in caso di parità di valutazione rispetto ad un altro concorrente; le funzioni semidirettive possono essere confermate in capo allo stesso magistrato previa valutazione positiva dell'attività svolta da parte del Consiglio superiore della magistratura. In caso contrario, nell'ipotesi di funzioni direttive, il magistrato rimane provvisoriamente assegnato allo stesso ufficio, con funzioni né direttive né semidirettive; nell'ipotesi di funzioni semidirettive torna a svolgere le funzioni precedentemente svolte, ferma restando la possibilità di partecipare ad altri concorsi.
      Il comma 11 sostituisce la tabella relativa alla magistratura ordinaria allegata alla legge 19 febbraio 1981, n. 27, con la tabella A allegata al presente disegno di legge.
      Il comma 12 dell'articolo 2, che sostituisce l'articolo 51 del decreto legislativo n. 160 del 2006, disciplina il trattamento economico. Viene precisato che il trattamento economico previsto dopo tredici anni di servizio dalla nomina verrà corrisposto solo se la terza valutazione di professionalità sia stata positiva e sia stato maturato il periodo di servizio previsto, e che nelle ipotesi di valutazione non positiva o negativa detto trattamento competerà solo dopo la nuova valutazione positiva con decorrenza da tale parere.
      Il comma 13 dell'articolo 2 sostituisce l'articolo 52 del decreto legislativo n. 160 del 2006, disponendo che lo stesso decreto si applica anche alla magistratura militare in quanto compatibile, con la sola ed espressa esclusione delle disposizioni contenute nel capo I, relative alle modalità di accesso, specifiche per i magistrati militari.

      21. L'articolo 3 del testo in esame apporta modificazioni al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, istitutivo della Scuola superiore della magistratura.

 

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      Il comma 1 (modificando l'articolo 1 del citato decreto legislativo) dispone che vengano individuate tre sedi della Scuola, di cui una in cui si riunisce il comitato direttivo preposto all'attività di direzione e di coordinamento.
      Il comma 2, modificando l'articolo 2 del decreto legislativo n. 26 del 2006, elenca le finalità della Scuola che sarà preposta, tra l'altro, alla formazione e all'aggiornamento professionale dei magistrati ordinari di prima nomina dopo il conferimento delle funzioni; all'organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati ed eventualmente degli altri operatori della giustizia; alla formazione iniziale e permanente della magistratura onoraria; alla formazione dei magistrati dirigenti degli uffici giudiziari; alla formazione dei magistrati incaricati della formazione; al coordinamento delle attività di formazione decentrata; alla collaborazione per le attività connesse con lo svolgimento del tirocinio su richiesta del Consiglio superiore della magistratura; alla formazione, su richiesta del Consiglio superiore della magistratura o del Ministro della giustizia, di magistrati stranieri o alla collaborazione con altri Paesi nell'organizzazione del servizio giustizia. L'organizzazione della Scuola verrà disciplinata dallo statuto.
      Gli organi della Scuola sono, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del disegno di legge, che sostituisce l'articolo 4 del decreto legislativo n. 26 del 2006: il comitato direttivo, il presidente e il segretario generale. Nella previsione della composizione interna della struttura si sono tenuti presenti i limiti derivanti dalle competenze del Consiglio superiore della magistratura, fissate nell'articolo 105 della Costituzione. Per questo motivo il comitato direttivo è composto da dodici membri, di cui sette scelti tra magistrati, tre tra docenti universitari e due tra avvocati (comma 6 del disegno di legge che apporta modificazioni all'articolo 6 del decreto legislativo n. 26 del 2006), le cui nomine sono effettuate dal Consiglio superiore della magistratura in ragione di cinque magistrati e un professore universitario e dal Ministro della giustizia in ragione di due magistrati, due professori universitari e due avvocati, d'intesa tra loro. Il comitato direttivo è chiamato ad occuparsi (articolo 3, comma 5 del disegno di legge, che sostituisce l'articolo 5 del decreto legislativo n. 26 del 2006), oltre che delle attività di gestione della Scuola: della programmazione e della gestione dell'attività didattica; delle nomine dei docenti; dell'ammissione ai corsi dei magistrati che ne abbiano fatto richiesta.
      I commi da 7 a 9 del disegno di legge disciplinano le modalità di funzionamento del comitato e le funzioni dei componenti che svolgono anche compiti di responsabili di settore.
      Il segretario generale della Scuola, nominato dal comitato direttivo scegliendo tra quattro candidati, indicati due dal Consiglio superiore della magistratura e due dal Ministro della giustizia, tra i magistrati ordinari che abbiano conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità (articolo 3, comma 10, che inserisce l'articolo 10-bis nel decreto legislativo n. 26 del 2006), è responsabile della gestione amministrativa, provvede all'esecuzione delle delibere del comitato direttivo, adotta i provvedimenti d'urgenza, con riserva di ratifica se rientrino nella competenza di altro organo, predispone la relazione annuale sull'attività della Scuola. Il segretario generale dura in carica cinque anni, durante i quali è collocato fuori ruolo organico della magistratura, e l'incarico può essere rinnovato per una sola volta per un periodo massimo di due anni.
      I commi dall'11 al 15 dell'articolo 3 modificano le disposizioni in tema di tirocinio dei magistrati ordinari. In particolare è previsto che il tirocinio dei magistrati nominati a seguito del concorso per esami abbia durata di diciotto mesi e si articoli in sessioni una delle quali, della durata di sei mesi, anche non consecutivi, da effettuare presso la Scuola e una di dodici mesi da effettuare presso gli uffici giudiziari. È demandata al Consiglio superiore della magistratura la definizione delle modalità del tirocinio in quanto lo
 

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stesso determina il consolidamento del rapporto di impiego la cui valutazione è riservata al solo organo di autogoverno della magistratura. Al termine delle sessioni presso la Scuola, durante le quali i magistrati in tirocinio frequentano corsi teorico-pratici di approfondimento, sono trasmesse (articolo 3, comma 13, che sostituisce l'articolo 20 del citato decreto legislativo n. 26 del 2006), al Consiglio superiore della magistratura, le schede concernenti il programma di attività cui ha partecipato ogni magistrato nonché le indicazioni circa la puntualità nella frequenza, gli eventuali elaborati prodotti e i comportamenti rilevanti sotto il profilo deontologico. Il comma 14 dell'articolo 3, modificando l'articolo 21 del decreto legislativo n. 26 del 2006, detta disposizioni per coordinare le disposizioni vigenti alle nuove previsioni. Il Consiglio superiore della magistratura (articolo 3, comma 15, che apporta modifiche all'articolo 22 del decreto legislativo n. 26 del 2006) opera il giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni, tenendo conto delle schede di valutazione trasmesse dal comitato direttivo della Scuola, del parere del consiglio giudiziario, e di ogni altro elemento utile; giudizio che, se positivo, contiene uno specifico riferimento all'attitudine del magistrato allo svolgimento delle funzioni giudicanti o requirenti.
      Il comma 16 dell'articolo 3, sostituendo l'articolo 23 del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, dispone che il comitato direttivo approvi annualmente il piano dei corsi da svolgere ai fini della formazione e dell'aggiornamento professionale, nonché del passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa, e per lo svolgimento di funzioni direttive.
      Il comma 17 dell'articolo 3, che modifica l'articolo 24 del citato decreto legislativo, prevede che lo statuto determini il numero massimo degli incarichi conferibili ai docenti, stabilendo inoltre che il comitato direttivo usufruisca delle strutture per la formazione decentrata esistenti presso i vari distretti di corte d'appello, ciò al fine di valorizzare le esperienze virtuose sviluppatesi all'interno della magistratura, senza rinunciare al confronto pluralista tra le diverse realtà giudiziarie anche attraverso l'apporto del mondo accademico e di quello forense, in base ad una costruzione dialogica delle conoscenze.
      È previsto (articolo 3, comma 18, che sostituisce l'articolo 25 del citato decreto legislativo) che tutti i magistrati in servizio abbiano l'obbligo di partecipare almeno una volta ogni quattro anni ad un corso di formazione e di aggiornamento professionale.

      22. L'articolo 4 del presente disegno di legge apporta modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, concernente l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e la composizione dei consigli giudiziari.
      Il comma 1, che sostituisce l'articolo 1 del citato decreto legislativo, prevede che venga istituito il Consiglio direttivo della Corte di cassazione; modifiche sono invece previste quanto alla composizione dell'organo che avrà come suoi membri il primo Presidente, il Procuratore generale presso la stessa Corte, otto magistrati, eletti da tutti e tra tutti i magistrati in servizio presso la Corte di cassazione e presso la Procura generale, compresi i magistrati di tribunale destinati all'Ufficio del massimario e del ruolo, due professori universitari ordinari in materie giuridiche, nominati dal Consiglio universitario nazionale, e due avvocati con almeno venti anni di effettivo esercizio della professione, nominati dal Consiglio nazionale forense. È stata eliminata la figura dei supplenti (articolo 4, comma 2), nonché del vice presidente (articolo 4, comma 3). Sono state disciplinate (articolo 4, comma 4) le modalità di presentazione delle liste e quelle per le elezioni dei componenti togati. Sono state altresì disciplinate le modalità dell'assegnazione dei seggi con l'introduzione del sistema proporzionale con liste contrapposte. Le competenze del Consiglio direttivo sono state in parte modificate dal comma 5, attribuendo a tale organo, oltre alle competenze già indicate nell'articolo 7 del decreto legislativo n. 25 del 2006, anche la competenza sulla formulazione del

 

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parere sulla tabella della Procura generale presso la Corte di cassazione nonché sui criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei sostituti impediti; sono state abrogate le parti dell'originaria formulazione della norma che attribuivano diversi compiti al Consiglio direttivo della Corte di cassazione quali l'acquisizione di motivate e dettagliate valutazioni del Consiglio nazionale forense; l'esercizio della vigilanza sul comportamento dei magistrati e sull'andamento degli uffici; l'adozione di provvedimenti relativi allo stato giuridico ed economico dei magistrati; la formulazione di pareri sull'adozione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, di provvedimenti relativi a collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze, concessioni di titoli onorifici e riammissioni in magistratura dei magistrati; la formulazione di proposte al comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura. Il comma 6 dell'articolo 4 sostituisce parti dell'originario testo dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 25 del 2006, per motivi di coordinamento con le nuove disposizioni, mentre il comma 7 introduce l'articolo 8-bis, che indica il quorum per l'adozione delle deliberazioni del Comitato direttivo, che devono essere adottate a maggioranza dei presenti.
      I commi 8 e seguenti dell'articolo 4 dettano disposizioni che modificano la composizione, la modalità di elezione e la durata dei consigli giudiziari. In particolare, con il comma 8 dell'articolo 4 è soppressa la previsione che indicava il presidente dell'ordine degli avvocati come membro di diritto del consiglio giudiziario, ed è stata in parte modificata la composizione dell'organo, prevedendo che la consistenza numerica dei consigli giudiziari vari a seconda della dimensione del distretto; è stato, inoltre, aumentato il numero dei componenti dell'organo nel caso di distretti nei quali prestino servizio oltre seicento magistrati. È stato indicato il quorum deliberativo (comma 9) ed è stata prevista l'eliminazione delle figure dei supplenti e del vice presidente (comma 11).
      Con il comma 10 dell'articolo 4, che apporta modifica all'articolo 10 del decreto legislativo n. 25 del 2006, viene istituita una sezione autonoma del consiglio giudiziario, competente per l'espressione dei pareri sui giudici di pace e sui provvedimenti organizzativi proposti dai loro uffici, in cui è prevista anche la presenza da due a quattro giudici di pace, a seconda della consistenza numerica degli uffici. Il comma 12 dell'articolo 4, che sostituisce l'articolo 12 del decreto legislativo n. 25 del 2006 e aggiunge gli articoli 12-bis, 12-ter e 12-quater, disciplina le regole per la presentazione delle liste per l'elezione dei componenti togati dei consigli giudiziari; sono state indicate le modalità per l'assegnazione dei seggi con introduzione del sistema proporzionale con liste contrapposte. Sono state apportate (comma 13) modifiche all'articolo 15 del decreto legislativo n. 25 del 2006, che individua le competenze del consiglio giudiziario, prevedendo che, oltre alle competenze già determinate, tale organo formuli il parere sulla tabella degli uffici requirenti nonché sui criteri per l'assegnazione degli affari e per la sostituzione dei sostituti procuratori impediti, verificando il rispetto dei criteri generali. È stato previsto, inoltre, che formuli i pareri per la valutazione della professionalità dei magistrati, ai sensi delle nuove regole dettate in materia di progressione in carriera; sono state invece soppresse le disposizioni che attribuivano ai consigli giudiziari compiti in merito: alla vigilanza sul comportamento dei magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto; alla vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari del distretto; all'adozione di provvedimenti relativi allo status dei magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, per la possibile incidenza sulle prerogative costituzionali previste dall'articolo 105 della Costituzione in favore del Consiglio superiore della magistratura, riguardanti, tra l'altro, la formulazione di pareri in ordine all'adozione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, di provvedimenti inerenti al collocamento a riposo, dimissioni, decadenze dall'impiego, concessioni
 

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di titoli onorifici, riammissione in magistratura di magistrati già in servizio nel distretto. Con il comma 14 dell'articolo 4 sono state apportate modificazioni alle disposizioni vigenti dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 25 del 2006 per ragioni di coerenza sistematica. È stata prevista l'emanazione (comma 15 che inserisce l'articolo 18-bis nel decreto legislativo n. 25 del 2006) di un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), della legge n. 400 del 1988, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per dettare disposizioni in ordine alle caratteristiche delle schede per la votazione e alla disciplina del procedimento elettorale.

      23. Con il testo dell'articolo 5 il presente disegno di legge apporta modifiche agli articoli 1, 2, 3, 8 e 9, sostituisce gli articoli 4 e 7 e abroga l'articolo 5 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, recante norme sulla individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché sul decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia. Le modificazioni recate agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, precisano i compiti e le funzioni attribuiti, rispettivamente, al magistrato capo dell'ufficio giudiziario e al dirigente amministrativo presso il medesimo ufficio. La puntuale ricognizione dei compiti attribuiti ha, da un canto, lo scopo di chiarire gli ambiti di competenza spettanti a ciascuno di essi, al fine di evitare possibili sovrapposizioni o conflitti e, dall'altro, di garantire la direzione unitaria dell'ufficio giudiziario, nella persona del suo capo, anche riguardo all'attività di amministrazione dei servizi strumentali rispetto all'esercizio della giurisdizione. In tale ottica, si chiarisce che il dirigente amministrativo dirige un'articolazione di esso, costituita dalle cancellerie e segreterie giudiziarie, posto che l'articolo 1 attribuisce la titolarità dell'ufficio giudiziario, nel suo complesso, al magistrato nominato capo dello stesso, che è competente per l'adozione di tutti gli atti che impegnano l'ufficio verso l'esterno.
      Il comma 1 dell'articolo 5, inserendo due commi all'articolo 1 del decreto legislativo n. 240 del 2006, individua i compiti del magistrato capo dell'ufficio giudiziario che lo dirige, attraverso l'adozione degli atti relativi all'organizzazione interna, alla distribuzione del lavoro, alla vigilanza sul comportamento deontologico dei magistrati, alla formulazione di proposte all'amministrazione centrale, al controllo dell'andamento generale dell'ufficio. È previsto che, almeno una volta l'anno, il capo dell'ufficio, insieme con il dirigente amministrativo e con i magistrati titolari di funzioni semidirettive, consulti i magistrati in servizio e i funzionari preposti alle cancellerie e alle segreterie giudiziarie per elaborare il programma dell'attività, consultando altresì il Consiglio dell'ordine forense e le rappresentanze sindacali unitarie per illustrare il progetto di organizzazione dell'ufficio. Il comma 2 prevede che il dirigente amministrativo è il responsabile della gestione del personale amministrativo attuata in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio e con il programma annuale. È prevista, con l'introduzione del comma 2-bis dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 240 del 2006, l'emanazione, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di un regolamento per la razionalizzazione della determinazione dei posti di dirigenti di seconda fascia, anche attraverso l'istituzione di un unico posto per più uffici giudiziari, nel rispetto della dotazione organica complessiva.
      Viene inoltre sostituito, al comma 4, l'articolo 4 del decreto legislativo n. 240 del 2006, e fissato il termine del 30 giugno di ciascun anno, entro il quale i titolari degli uffici giudiziari dovranno elaborare, acquisite le valutazioni dei magistrati titolari di incarichi semidirettivi e del dirigente amministrativo, il programma delle attività annuali. La trasmissione del programma al Ministero della giustizia consentirà al Ministro di quantificare preventivamente gli oneri finanziari relativi agli

 

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stanziamenti necessari per ciascun ufficio giudiziario, nell'anno di riferimento della legge finanziaria in corso di approvazione. Il vigente articolo 4 attribuisce al presidente della corte d'appello o al procuratore generale presso la medesima corte il potere di intervento nei casi in cui i dirigenti di un ufficio non provvedano ad adottare tempestivamente il programma annuale. La nuova soluzione proposta individua nel coinvolgimento e nella motivazione di tutti gli operatori nell'individuazione degli obiettivi, nonché nella definizione del budget e delle soluzioni più adeguate al raggiungimento del risultato, il modello organizzativo più adeguato tendente, tra l'altro, a rendere residuale la ricorrenza di conflitti, pur confermando la responsabilità del capo dell'ufficio. Solo di fronte alla perseveranza del conflitto si è previsto di affidare al presidente della corte d'appello o al procuratore generale presso la medesima corte un potere sostituivo residuale di intervento, sentiti il titolare dell'ufficio e il dirigente.
      In presenza di sopravvenute esigenze, il programma annuale può essere modificato dal titolare dell'ufficio giudiziario, sentiti i magistrati titolari di funzioni semidirettive e il dirigente. Di tale programma e del sottostante modello organizzativo il capo dell'ufficio tiene conto anche ai fini della predisposizione del progetto tabellare.
      Si è ritenuto opportuno procedere alla soppressione dell'ufficio del direttore tecnico che costituiva una duplicazione della struttura decentrata. Allo stesso modo, si sono superate, con la nuova formulazione, le incertezze relative alla ripartizione di competenze tra amministrazione centrale e strutture decentrate, cercando di assicurare il miglior risultato dell'azione amministrativa.
      Il nuovo articolo 7 del decreto legislativo n. 240 del 2006 (comma 6 dell'articolo 5 del disegno di legge) determina le competenze delle direzioni generali regionali ed interregionali circoscrizionali che esercitano, nell'ambito delle rispettive circoscrizioni, le attribuzioni riguardanti il personale, le risorse materiali, le spese di giustizia, oltre ad avere competenza per le funzioni relative al servizio dei casellari giudiziari (secondo direttive emanate dagli organi centrali del Ministero della giustizia). La norma in esame elenca, inoltre, quali sono le competenze che permangono in capo agli organi centrali dell'amministrazione. L'abrogazione (comma 7 dell'articolo in esame) del comma 3 dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 240 del 2006 è conseguente alla soppressione della prevista istituzione dell'ufficio del direttore tecnico nei distretti di Roma, Napoli, Milano e Palermo; è inoltre abrogato il comma 5 dello stesso articolo che prevedeva la nomina, presso ciascuna direzione regionale o interregionale, di un funzionario delegato e di un funzionario per il riscontro contabile.

      24. L'articolo 6 del presente disegno di legge contiene disposizioni varie tese a riformulare articoli dell'ordinamento giudiziario per renderli omogenei con la nuova disciplina, a dettare regole per la disciplina transitoria, a disciplinare l'abrogazione di norme incompatibili, a dettare specifici interventi sulla composizione del Consiglio superiore della magistratura, sulla segreteria e sull'Ufficio studi dell'organo di autogoverno, oltre a prevedere specifici interventi relativamente alla magistratura militare e a individuare, infine, il numero di laureati da ammettere alle scuole di specializzazione.
      Il comma 1 dell'articolo 6, modificando l'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, contenente norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, prevede una diversa disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati componenti elettivi dell'organo di autogoverno della magistratura, confermando la disposizione già presente che prevedeva il rientro in ruolo dei magistrati, anche in soprannumero, nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate, e prevedendo che qualora i magistrati componenti del Consiglio superiore della magistratura esercitassero, all'atto del collocamento fuori ruolo, funzioni direttive o semidirettive e il

 

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relativo posto non sia vacante, si procede al ricollocamento in ruolo anche in soprannumero mediante concorso virtuale con funzioni non direttive né semidirettive.
      Il comma 2 dell'articolo 6 dispone, fermo restando quanto previsto nel comma 5 dell'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali deve continuare ad essere determinato in misura non superiore a dieci volte il numero dei posti considerati negli ultimi due bandi di concorso per l'accesso in magistratura.
      I commi 3, 4 e 5 dell'articolo 6 disciplinano il periodo transitorio, disponendo (comma 3) la data di inizio dell'operatività delle valutazioni periodiche, determinata utilizzando quale parametro iniziale la data del decreto di nomina come uditore giudiziario. Tale corrispondenza regolerà anche la misura delle retribuzioni. I magistrati che ricoprono incarichi direttivi e semidirettivi da oltre otto anni mantengono le loro funzioni per un periodo massimo di diciotto mesi (articolo 6, comma 4); decorso tale periodo è stata prevista la decadenza dall'incarico per i magistrati che, alla data di entrata in vigore della legge, ricoprono gli incarichi semidirettivi e direttivi, giudicanti o requirenti, se non hanno ottenuto l'assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni. In questo caso resteranno assegnati con funzioni non direttive né semidirettive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero (da riassorbire con le successive vacanze). È inoltre dettata una specifica disciplina per i magistrati che alla data di entrata in vigore della legge ricoprono incarichi direttivi o semidirettivi per un periodo compreso tra sette anni e sette anni e sei mesi.
      Negli altri casi le nuove regole in materia di limitazione della durata degli incarichi direttivi e semidirettivi si applicheranno alla scadenza del primo periodo successivo alla data di entrata in vigore della legge.
      In deroga a quanto previsto nella nuova disciplina, per il triennio decorrente dalla data di entrata in vigore della legge, i magistrati che esercitano funzioni giudicanti o requirenti possono chiedere di essere assegnati a funzioni rispettivamente requirenti o giudicanti in un diverso circondario (articolo 6, comma 6).
      La disposizione di cui al comma 6 non si applica ai magistrati ordinari limitatamente al primo tramutamento dalla sede assegnata al termine del tirocinio (articolo 6, comma  7).
      Con il comma 8 le disposizioni in vigore vengono adattate alla nuova disciplina normativa.
      I commi dal 9 al 27 dell'articolo 6 (con l'esclusione del comma 21 che prevede norme di coordinamento per il trattamento economico dei magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della legge rispetto alle scadenze previste per le nuove valutazioni di professionalità) contengono varie disposizioni tese ad armonizzare il regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, recante l'ordinamento giudiziario, con la nuova disciplina. È stato modificato (articolo 6, comma 9) l'articolo 5 del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, con la previsione che le piante organiche degli uffici giudiziari sono adottate con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura; la ripartizione dei posti all'interno delle sezioni o dei gruppi di lavoro è operata con i provvedimenti di cui ai successivi articoli 7-bis e 7-ter del medesimo regio decreto, che prevedono l'adozione di tabelle con scadenza triennale. Il comma 10 dell'articolo 6 stabilisce che il numero, le sedi e le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari sono determinati dalle tabelle allegate al citato regio decreto n. 12 del 1941.
      Modificando l'articolo 7-bis del regio decreto n. 12 del 1941, il comma 11 dell'articolo 6 prevede che le tabelle degli uffici giudicanti sono adottate per un triennio e non ogni biennio come in precedenza stabilito; che la violazione dei criteri per l'assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina
 

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in nessun caso la nullità dei provvedimenti emessi, e sono previste altre disposizioni necessarie per armonizzare la precedente disciplina con l'attuale. Si segnala l'introduzione del comma 2-bis dell'articolo 7-ter (comma 12) dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, disciplinante l'individuazione dei criteri per l'assegnazione degli affari negli uffici requirenti di primo e secondo grado: la nuova norma, al fine di assicurare criteri predeterminati nell'organizzazione del lavoro delle procure, prevede che ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, in conformità con le deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura (assunte su proposta dei procuratori generali sentiti i consigli giudiziari o il Comitato direttivo della Corte di cassazione), siano individuati i criteri per la formazione negli uffici di procura di gruppi di lavoro per materie omogenee; per l'assegnazione dei magistrati ai singoli gruppi di lavoro; per l'individuazione dei procuratori aggiunti cui affidare il coordinamento dei gruppi; per l'individuazione dei criteri per l'assegnazione degli affari ai singoli sostituti. Il comma 13 dell'articolo 6, sostituendo l'articolo 11 del regio decreto n. 12 del 1941, dispone che il magistrato il quale non assuma le funzioni nel termine stabilito decada dall'impiego e non possa essere riassunto.

      25. È previsto (articolo 6, comma 14) che il magistrato abbia l'obbligo di fissare il proprio domicilio nel comune dove ha sede l'ufficio giudiziario presso il quale esercita le funzioni o comunque ad una distanza non superiore a 40 chilometri dal centro della città in cui ha sede l'ufficio, ed è fatta salva la possibilità di ottenere l'autorizzazione a fissare il domicilio anche ad una distanza maggiore dalla sede a condizione che non vi sia pregiudizio per il servizio.
      Il comma 15 dell'articolo 6 sostituisce nel comma 1 dell'articolo 46 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, le parole: «può essere» con le parole: «è normalmente» e nel comma 2 la parola: «biennalmente» con la parola: «triennalmente». Il comma 16 detta disposizioni ai fini del coordinamento tra le norme.

      26. Il ruolo del procuratore aggiunto è descritto nel comma 17 dell'articolo 6 che, modificando l'articolo 70 dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, prevede che il procuratore aggiunto, oltre a svolgere l'ordinario lavoro giudiziario, coordina il gruppo di lavoro cui è assegnato e, in particolare, sorveglia l'andamento dei servizi delle segreterie e degli ausiliari, vigila sull'attività dei sostituti, curando anche lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all'interno del gruppo di lavoro; collabora con il procuratore della Repubblica nell'attività di direzione dell'ufficio. Al procuratore aggiunto, con le tabelle formate ai sensi dell'articolo 7-ter del medesimo regio decreto, può essere attribuito l'incarico di coordinare più gruppi di lavoro che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività dell'ufficio.
      I commi 18, 19, 20 e 21 dell'articolo 6 armonizzano le disposizioni del regio decreto n. 12 del 1941 con quelle della legge. Il comma 20 dispone che la destinazione dei magistrati ordinari al termine del tirocinio è operata con decreto del Ministro della giustizia previa delibera conforme del Consiglio superiore della magistratura. Il comma 21 detta, come si è esposto, disposizioni di coordinamento quanto al trattamento economico dovuto rispetto alle nuove regole sulla progressione in carriera.

      27. Per l'assegnazione delle sedi per tramutamento ai sensi dell'articolo 192 dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è stato previsto (comma 22 dell'articolo 6) che l'individuazione dei posti vacanti da ricoprire presso gli uffici giudiziari sia operata dal Consiglio superiore della magistratura con delibera trasmessa agli uffici giudiziari e al Ministero della giustizia, per tutti i magistrati, anche per quelli fuori del ruolo organico. Nella delibera è indicata la data

 

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entro la quale ciascun magistrato può presentare la domanda di tramutamento. Le domande non accolte in relazione alla vacanza per la quale sono state presentate conservano validità sino alla revoca. Il Consiglio superiore della magistratura valuterà le domande tenendo conto delle attitudini, dell'impegno, della diligenza, delle capacità direttive, della laboriosità di ciascuno degli aspiranti, come desunte dalle valutazioni di professionalità, nonché delle eventuali situazioni particolari relative alla famiglia, alla salute e all'anzianità. Se il tramutamento comporta il passaggio da funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa si applica, inoltre, l'articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, come modificato dalla legge. Il Consiglio superiore della magistratura regolerà con proprie delibere le modalità e i tempi della pubblicazione dei posti vacanti da mettere a concorso, la modalità di presentazione delle domande e il numero e la revocabilità delle stesse.
      Il comma 23 dell'articolo 6 modifica l'articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, prevedendo che i magistrati assegnati a domanda ad una sezione o ad un gruppo di lavoro con i provvedimenti tabellari, adottati ai sensi degli articoli 7-bis e 7-ter, non possono ottenere una diversa assegnazione, all'interno dello stesso ufficio, prima del decorso di tre anni dall'effettivo possesso, salve gravi ragioni di salute o gravi ragioni di servizio.

      28. I commi dal 24 al 26 sostituiscono il capo X del titolo V (articoli da 196 a 200) del regio decreto n. 12 del 1941 dettando regole per il collocamento fuori ruolo e il ricollocamento in ruolo dei magistrati ordinari.
      Il nuovo testo dell'articolo 196 del regio decreto n. 12 del 1941 prevede che i magistrati possono essere collocati fuori ruolo per ricoprire incarichi elettivi o funzioni diverse da quelle giudiziarie nei casi previsti dalle leggi, entro il numero massimo di 230 unità. Il collocamento fuori ruolo è adottato con decreto del Ministro della giustizia, su conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura. Nel numero dei magistrati collocati fuori ruolo non viene computato il numero dei magistrati eletti e in servizio presso il Consiglio superiore della magistratura e presso la Corte costituzionale, nonché di quelli destinati presso organi o istituzioni di carattere internazionale. Quanto al ricollocamento in ruolo, l'articolo 196-bis prevede che il collocamento fuori ruolo non può superare il periodo massimo complessivo di dieci anni con esclusione del periodo di aspettativa per mandato elettivo e fatta eccezione per gli incarichi apicali di diretta collaborazione. Conformemente alla deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, adottata nella fase transitoria di vigenza dei decreti legislativi di attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, il periodo trascorso fuori ruolo, antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge, non verrà computato. È stato stabilito, altresì, che non possono essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura i magistrati che non abbiano conseguito la seconda valutazione di professionalità e che il periodo trascorso dal magistrato fuori del ruolo organico è equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giudiziarie o giurisdizionali svolte. Sono state inoltre previste specifiche modalità per il rientro in ruolo:

          a) per i magistrati in aspettativa per mandato elettivo, per i quali è previsto il ricollocamento in ruolo mediante concorso virtuale in una sede vacante appartenente a un distretto sito in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, era ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto, con l'unica eccezione di funzioni precedentemente svolte presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia;

          b) per i magistrati collocati fuori ruolo da meno di tre anni che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi, per i quali è previsto il rientro nella sede occupata prima del collocamento fuori ruolo, anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacanza;

 

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          c) per i magistrati collocati fuori ruolo da più di tre anni che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi, per i quali è previsto o il collocamento nella sede precedentemente occupata o il concorso virtuale;

          d) per i magistrati che ricoprivano incarichi direttivi o semidirettivi, che rientreranno in ruolo mediante concorso virtuale in un ufficio giudiziario con funzioni né semidirettive né direttive né di legittimità, anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacanza.

      Il concorso virtuale, fuori dai casi previsti, non è consentito per il tramutamento di sede, salvo nel caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza o di servizio, o nel caso in cui non sia possibile l'assegnazione di sede entro due mesi dalla messa a disposizione o dalla richiesta di ricollocamento in ruolo.
      Il comma 26 sostituisce l'articolo 199 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, relativo alla disciplina applicabile ai magistrati addetti al Ministero della giustizia. Il nuovo articolo 199 dispone che le norme dell'ordinamento del citato dicastero ne determinano il numero e le attribuzioni.
      Il comma 27 dell'articolo 6 adegua il testo dell'articolo 201 del regio decreto n. 12 del 1941 alle nuove disposizioni.
      I commi 28 e 29 dell'articolo 6 modificano la legge 4 maggio 1998, n. 133, relativa agli incentivi ai magistrati trasferiti in sedi disagiate, abrogando la disposizione che prevedeva il diritto, in caso di trasferimento a domanda, ad essere preferito a tutti gli altri aspiranti ove la permanenza in servizio presso la sede disagiata fosse stata superiore ai cinque anni. Per ragioni di equità, in conformità alla disciplina secondaria dettata dal Consiglio superiore della magistratura, è stato previsto che la disposizione di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 4 maggio 1998, n. 133, continui ad applicarsi nei confronti dei magistrati assegnati a sedi disagiate prima della data di entrata in vigore della legge.

      29. I commi da 30 a 35 dell'articolo 6 modificano la legge 24 marzo 1958, n. 195, istitutiva del Consiglio superiore della magistratura. È aumentato il numero dei componenti dell'organo di autogoverno della magistratura elevandolo a venti, dagli attuali sedici, per i componenti togati, e a dieci, dagli attuali otto, per i componenti laici (comma 30 dell'articolo 6). Sono state modificate le norme che prevedevano la composizione della segreteria e dell'ufficio studi costituiti presso il Consiglio superiore della magistratura. La nuova disciplina ha modificato (comma 31 dell'articolo 6, che sostituisce l'articolo 7 della legge n. 195 del 1958) la composizione della segreteria prevedendo la presenza di sedici magistrati nominati dal Consiglio superiore della magistratura, posti fuori del ruolo organico della magistratura per un periodo non superiore a sei anni. È prevista la nomina del segretario generale, che dirige la segreteria coadiuvato dal vice segretario. Anche per l'Ufficio studi e contenzioso (comma 32 dell'articolo 6, che sostituisce l'articolo 7-bis della legge n. 195 del 1958), al quale sono attribuiti compiti di studio, ricerca, documentazione e predisposizione degli atti relativi al contenzioso, è stata prevista la presenza di otto magistrati in luogo dei funzionari. Quanto alla predisposizione delle tabelle degli uffici giudiziari è stato stabilito (comma 34 dell'articolo 6) che le stesse siano elaborate ogni triennio e non ogni biennio come nel passato. Il comma 33 dell'articolo in esame detta disposizioni di coordinamento.
      In considerazione delle aumentate attività dell'organo di autogoverno della magistratura, con il comma 35 dell'articolo 6 il Consiglio superiore della magistratura è autorizzato ad avvalersi di tredici unità di personale amministrativo dipendente dalla pubblica amministrazione in posizione di comando, con l'esplicita previsione che non vi saranno nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato né saranno superati i limiti della dotazione finanziaria dello stesso Consiglio.

      30. Il comma 36 dell'articolo 6 indica i criteri per individuare il numero di magistrati collocabili fuori ruolo, precisando

 

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le ipotesi in cui magistrati fuori ruolo non vengono computati in tale quota (ad esempio quelli in servizio presso organismi internazionali e quelli addetti al Consiglio superiore della magistratura).

      31. Il comma 37 dell'articolo 6 sopprime il riferimento alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 2, contenuto nel comma 2 del medesimo articolo del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, per coordinare la norma alla modifica intervenuta con la legge 24 ottobre 2006, n. 269, che aveva abrogato tale lettera nel comma 1 dello stesso articolo.
      È previsto (comma 38 dell'articolo 6) che al magistrato sospeso dal servizio sia corrisposto un assegno alimentare di importo compreso tra un terzo e due terzi dello stipendio percepito, somma determinata tenendo conto del nucleo familiare e dell'entità della retribuzione.
      I commi dal 39 al 43 introducono marginali modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 che disciplina gli illeciti disciplinari dei magistrati, come (comma 39 dell'articolo 6) l'abrogazione, nell'articolo 12, comma 1, della legge citata, della lettera f), che prevede l'applicazione della sanzione disciplinare nel caso di «perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia», al fine di operare una rettifica meramente formale in conseguenza dell'avvenuta abrogazione della relativa ipotesi e constatando che solo per un difetto di coordinamento è rimasta la relativa lettera in un richiamo operato in una diversa norma. Nell'articolo 14 di tale legge, viene chiarito (comma 40 dell'articolo 6) che il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare entro un anno dalla notizia del fatto, mentre nella originaria formulazione in tale norma non era specificamente previsto alcun termine, peraltro ricostruibile in sede interpretativa e indicato solo nel successivo articolo 15. Nel comma 41 dell'articolo 6, relativo ai termini dell'azione disciplinare, è fatta salva l'ipotesi in cui l'azione disciplinare debba essere estesa ad altri fatti nel corso delle indagini. Con la modifica dell'articolo 18, comma 3, lettera c), del decreto legislativo n. 109 del 2006 (comma 42 dell'articolo 6) è soppressa la parte che permetteva alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura di consentire l'esibizione di documenti da parte del delegato del Ministro della giustizia, essendo stata soppressa la relativa figura in tutte le altre disposizioni. Con la modifica dell'articolo 24 (comma 43 dell'articolo 6) è previsto che contro i provvedimenti in materia di sospensione e contro le sentenze della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa essere proposto ricorso per cassazione nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura civile, più coerentemente rispetto a quanto prima indicato, trattandosi di provvedimenti disciplinari, con le forme del codice di procedura penale.

      32. Il comma 44 dell'articolo 6 sostituisce il primo comma dell'articolo 2 del regio decreto n. 511 del 1946 in modo da adeguarne il contenuto alle nuove disposizioni, prevedendo che i magistrati cui siano state conferite le funzioni non possono essere trasferiti o destinati ad altre funzioni se non con il loro consenso.
      I commi 45 e 46 contengono modifiche alla legge 13 febbraio 2001, n. 48, in materia di compiti e destinazione alle funzioni dei magistrati distrettuali, prevedendo l'introduzione di ulteriori ipotesi di utilizzazione dei magistrati distrettuali quando vi sia assenza del magistrato titolare esonerato dalle funzioni giudiziarie perché membro delle commissioni di concorso per l'accesso in magistratura e quando si realizzi una vacanza del posto da più di tre mesi senza che sia stata attivata la procedura di copertura, stabilendo che non si procede alla copertura dei posti vacanti destinati ai magistrati distrettuali quando i posti vacanti complessivamente esistenti negli organici degli uffici del distretto eccedono il 15 per cento.

      33. Il comma 47 conferma la previsione contenuta nell'articolo 1 della legge 7 maggio

 

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1981, n. 180, secondo cui lo stato giuridico, le garanzie di indipendenza e le funzioni dei magistrati militari sono regolati dalle disposizioni in vigore per i magistrati ordinari, in quanto applicabili, e introduce i conseguenti adeguamenti alle disposizioni introdotte, quanto all'unicità nell'accesso e alla distinzione delle funzioni esercitate. Con l'introduzione dell'articolo 1-bis della legge 7 maggio 1981, n. 180, recante disposizioni in materia di ordinamento giudiziario militare di pace (comma 48 dell'articolo in esame) le disposizioni vigenti sono adeguate alle modifiche normative introdotte per i magistrati ordinari in materia di valutazioni di professionalità e conferimento di funzioni. L'articolo 1-ter detta le regole per il mutamento delle funzioni da giudicante a requirente nell'ambito della magistratura militare, prevedendo che per mutare funzione sarà necessario mutare circoscrizione territoriale. Le attività svolte per la magistratura ordinaria dai consigli giudiziari saranno svolte dal Consiglio della magistratura militare utilizzando le risorse disponibili.
      Il comma 49 definisce i livelli retributivi dei magistrati militari in corrispondenza alle nuove qualifiche introdotte dalla legge e in analogia a quanto effettuato per la magistratura ordinaria, a tale fine prevedendo la sostituzione della tabella allegata alla legge n. 180 del 1981, con la tabella B allegata alla legge.

      34. Il comma 50 adegua le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, recante norme in materia di accesso al pubblico impiego nella provincia di Bolzano, al presente intervento normativo.
      Il comma 51 modifica la tabella A allegata alla legge 18 dicembre 1973, n. 836, sostituendo le originarie denominazioni delle funzioni dei magistrati ordinari e militari con le nuove che fanno riferimento alle diverse valutazioni di professionalità.
      Il comma 52 dell'articolo 6 dispone che si applica al personale della magistratura ordinaria e militare, dal conseguimento della seconda valutazione di professionalità in poi, l'articolo 1, comma 468, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).
      È prevista l'abrogazione di alcune norme già riconosciute incompatibili, come dettagliatamente indicato nel comma 53 dell'articolo 6.

      35. Fermo restando che il fuori ruolo non crea disponibilità di nuovi posti nell'organico della magistratura, il comma 54 stabilisce che le disposizioni della legge, che prevedono ipotesi di collocamento fuori ruolo di magistrati, non devono comunque comportare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
      Il comma 55 dell'articolo 6 prevede che i magistrati ordinari transitati nelle magistrature speciali (amministrativa, contabile) possono, a domanda, essere riammessi nella magistratura ordinaria con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera conforme del Consiglio superiore della magistratura, e sono inquadrati agli effetti della valutazione di professionalità tenendo conto anche del servizio maturato nelle altre magistrature.
      Il comma 56 dell'articolo 6 prevede la possibilità di istituire o di sopprimere posti negli uffici giudiziari con decreto del Ministro della giustizia sentito il Consiglio superiore della magistratura, nel rispetto dei limiti della dotazione organica complessiva. Ovviamente tale facoltà non si estende ai posti relativi alle funzioni direttive superiori o apicali di legittimità, per i quali l'attribuzione del posto e della relativa funzione comporta l'attribuzione di uno specifico trattamento economico, per la cui modifica è necessario il ricorso allo strumento legislativo determinando anche un problema di copertura finanziaria.
      Il comma 57 sostituisce la tabella B allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71, e successive modificazioni, con una nuova tabella, allegata al presente disegno di legge, relativa al ruolo organico della magistratura determinato con riferimento esclusivo alle funzioni individuate con il presente intervento normativo e senza alcuna

 

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influenza sulla progressione economica dei magistrati.

      36. L'articolo 7 delega il Governo ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi compilativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario emanando un codice nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di adeguamento delle norme alle nuove disposizioni, di armonizzazione e coordinamento delle stesse e di espressa abrogazione di quelle incompatibili. Inoltre il Governo dovrà adottare (comma 3), entro un anno dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi di riassetto della materia, un codice delle disposizioni regolamentari in tema di ordinamento giudiziario.
      Il comma 4 delega il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario militare, adeguandole alle disposizioni contenute nella stessa legge, tenendo conto della specificità e delle esigenze organizzative della giustizia militare.
      Il comma 5 contiene la clausola di invarianza della spesa relativamente all'adozione dei decreti legislativi delegati di cui al comma 4.
      Il comma 6 introduce una delega, da esercitare entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, finalizzata a riorganizzare la presenza degli uffici giudiziari militari sul territorio in conseguenza delle modificazioni intervenute nella domanda di giustizia militare per effetto dell'avvenuta sospensione della leva e della contestuale professionalizzazione della struttura militare, nel rispetto dell'attuale quadro costituzionale dettato dall'articolo 103 della Costituzione.
      Per l'articolo 8 relativo alla copertura finanziaria si rimanda alla relazione tecnica allegata.
      L'articolo 9 disciplina l'entrata in vigore della legge, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.